Di che parla?
(Guida utile a un uso più consapevole di noi)
Due anni di Covid hanno ridotto la nostra vita sociale a tal punto che persino le case cinematografiche sono costrette a proporre i titoli nuovi sulle piattaforme televisive a un costo di noleggio maggiorato.
La domanda che prima si faceva al fidanzato o alla moglie intenta a leggere le programmazioni teatrali o cinematografiche, spesso ora è inviata su Whatsapp o Facebook agli amici che segnalano una proiezione o una commedia.
Di che parla?
Un tempo chi ci stava di fronte restava un po’ interdetto, si accartocciava nelle spalle, e solo dopo, forse, rispondeva con mezze frasi: «Allora… c’è lui che perde il lavoro e litiga con la moglie… il protagonista, nel frattempo, viene sequestrato… la storia ci racconta come il poliziotto, affronta le sue difficoltà familiari e riesce a sventare un attacco terroristico.»
Un colpo di fortuna e l’altro si limitava a leggerci il trafiletto accanto al titolo.
Tutti ricordano l’imbarazzo, la difficoltà in cui incappiamo nel rispondere a quella fatidica domanda: Sì, ma alla fine… DI CHE PARLA?
Di fronte a una simile richiesta spesso ci si rende conto di non essere in grado di riassumere la trama complessa di un film o di uno spettacolo che non abbiamo visto, o di un libro che non abbiamo ancora letto. E anche dopo aver assistito alla proiezione o essere giunti alla parola FINE dell’ultimo avvincente romanzo primo in classifica, che ci è piaciuto moltissimo, non è scontato che si abbia la risposta sulla punta della lingua. Spesso dobbiamo riflettere, ripassare con la mente le vicende principali cercando di carpirne il tema.
Perché ogni storia ha un tema.
E ogni storia ha una risposta perfetta alla domanda “di cosa parla?”.
Conoscere quella risposta può fare la differenza fra essere pubblicati e no; fra essere scelti per un produzione o essere scartati. O più semplicemente fra l’andare a vedere un film che di certo ci piacerà e un altro di una noia mortale.
In Save The Cat, il manuale di sceneggiatura più famoso al mondo, Black Snyder (l’autore) ce lo chiede subito, nel primo capitolo: DI CHE PARLA?
[…] “Di che parla?” è la chiave. “Di che parla?” è il film. Un buon “Di che parla?” è la moneta di scambio. […]
Alcuni pensano che la risposta a questa domanda sia l’idea che sta alla base del manoscritto o della sceneggiatura. Altri pensano che si tratti di una questione di emozioni o che sia il messaggio che si vuole trasmettere al pubblico.
Alla fine però non è interessante avere una definizione perfetta di cosa sia il tema.
Il tema di una storia però traspare in tutte le sue pagine, in tutte le scene, nei dialoghi principali di una commedia o in quelli di una tragedia.
Una storia che non abbia almeno un tema non porta da nessuna parte, ci lascia perplessi, inebetiti.
Da alcuni manuali, americani soprattutto (la scuola degli Stati Uniti al giorno d’oggi è quella che fa più testo in materia), si evince che la ricerca del tema può essere riassunta in tre principali filosofie:
1) trovare il tema nella catarsi: come vi siete sentiti dopo aver visto quel determinato film? Quando siete usciti dalla sala cinematografica vi siete sentiti cambiati? Oppure dopo aver letto il romanzo della vostra vita. Magari sono passati moltissimi anni e ancora lo ricordate.
Pensate all’attualità del tema trasposto nella storia cinematografica di Erin Brockovich – Forte come la verità. Le parole “forza” e “verità” lasciano già intendere cosa andremo a vedere.
2) Un secondo metodo per trovare il tema è quello… di partire proprio dal tema.
Lo scrittore o lo sceneggiatore o chi per esso decide di costruire il suo lavoro intorno a uno specifico tema. Un metodo, molto usato in sceneggiatura, è quello di ripetere alcune parole sistematicamente. Un esempio che di certo è rimasto anche a voi in mente è quello usato nella prima trilogia di Spiderman: “da un grande potere derivano grandi responsabilità.” Questo tema veniva ripetuto in ciascuno dei tre film. Questa tecnica, lo dico per pura informazione, si chiama: Leitwortstil.
3) Il terzo e ultimo metodo è forse il più semplice da usare: Evita di inseguire un tema, quello si presenterà a te a cose fatte.
Questo approccio un po’ catartico, se vogliamo, è anche giustificato dal fatto che dopo la visione di un film o la lettura di un libro, ciascuno di noi si porterà dietro una diversa valigia di emozioni e pensieri. Diversa perché ciascuno di noi ha le proprie esperienze, i propri dolori e gioie e un modo personale di approcciarsi alla vita.
Alla fine nel tema è custodita la magia del raccontare, del narrare una storia. Quella magia che difficile ricreare in una formula matematica. In una ricetta definita.
In Bly, il mio romanzo per Mondadori, a un tratto della storia Elizabeth deve approcciarsi al suo primo articolo e chiede aiuto a colei che è un po’ la sua mentore. La donna, pur riconoscendo che, come in una torta, anche in un articolo sono dosati diversi elementi, conclude rispondendole che “non esiste una ricetta o perlomeno non è stata ancora inventata”.
In realtà qualcuno ci ha provato, e per farlo ha usato un programma informatico e dei computer. Potrebbe essere un argomento da affrontare nelle prossime settimane.
Oggi, invece, vorrei che nei prossimi giorni tutti ci sforzassimo di analizzare meglio il libro che stiamo leggendo, o il film visto domenica sera, o l’ultimo spettacolo teatrale.
Oppure potremmo farlo come spettatori della nostra vita o di quella di una persona che conosciamo bene.
Poniamoci la fatidica domanda: “Di che parla?”
E non fermiamoci alla prima risposta, ma analizziamo più nel profondo. Potremmo restare sorpresi dalle nostre considerazioni.
Comprendere ciò che leggiamo o guardiamo, senza limitarci a subirlo , potrebbe mostrarci nuove strade da percorrere.
E di certo maggiore consapevolezza ci renderà tutti donne e uomini migliori.
Lo abbiamo chiesto a:
Franco Forte, classe ’62, è scrittore, giornalista, sceneggiatore e direttore di tre collane Mondadori Editore. Ha scritto diverse guide di scrittura creativa e ha un canale YouTube dedicato: Scuola di scrittura.
Sul tema della narrazione posso dire questo: “Oggi non si può raccontare una storia, pretendendo che venga legga da un vasto pubblico, senza porsi prima la domanda: ma quello che scrivo può interessare a qualcuno? Perché? In quale misura? Con uno scopo o no? Per rispondere a tutte queste domande non basta confezionare una trama più o meno intricata, più o meno interessante. Serve prima un’idea su cui basare tutto, uno spunto di vero interesse a cui far seguire la narrazione. Senza questa idea, che deve poter essere espressa in poche righe, con forza, e catturare subito l’attenzione, come si può pretendere di ricevere attenzione dal pubblico? Tutti scrivono, e i lettori sono letteralmente sommersi da proposte di lettura. Per distinguersi bisogna avere un’idea forte che catturi subito l’attenzione. A quel punto si potrà lavorare sulla rama, sui personaggi, sul messaggio e sulle emozioni da trasferire al lettore.”
Francesco Trento, classe ’72, è scrittore, sceneggiatore, direttore della piattaforma multidisciplinare “Come si scrive una grande storia” che si occupa di formazione in campo letterario e audiovisivo: la scuola perfetta per avere nuovi attrezzi da mettere nella vostra cassetta di autore.
Una cosa che suggerisco a chi vuole lavorare sul Tema è di lavorare anche sul Controtema. Se Keating insegnasse in una scuola dove tutti la pensano come lui, L’attimo fuggente non avrebbe forza. Se il Tema è affermare la propria identità, prendere in mano la tua vita al di là delle proiezioni altrui, allora ecco che il Controtema ti permette di creare un mondo che nega quei valori e afferma il contrario, come gli stendardi portati nella scena iniziale: onore, tradizione, eccetera, un mondo dove quando la storia inizia i ragazzi cantano in un coro (il contrario esatto di avere la propria voce).
Se hai Keating, devi avere Pritchard e il preside Nolan e devi creare dei genitori che pensano di poter possedere i figli, di manipolarli a loro piacimento. Se in Arrival il Tema è imparare a capirsi, allora ti servono i militari che proiettano sugli alieni le loro intenzioni e vogliono sparare prima di comunicare. Lavorare sulla negazione del Tema all’interno del mondo narrativo è uno dei modi migliori di esaltare il Tema.

