Ozpetek e Romoli reinventano il film del 2001 e vincono la sfida creando una serie intensa in grado di riassumere l’universo estetico del regista italo – turco
Nel 2001 uscì al cinema Le fate ignoranti, con la regia di Ferzan Ozpetek e protagonisti Margherita Buy e Stefano Accorsi. Un film importantissimo e di grande successo, soprattutto per le tematiche che andava a sdoganare con dolcezza e mai un velo di malizia: la crisi dei rapporti coniugali, i tradimenti, le infatuazioni, le parole non dette, l’omosessualità, il senso dell’assenza, tutti temi che avrebbero poi fatto parte del mondo autoriale di Ferzan Ozpetek, il regista italo – turco esordito in Italia con Hamam (1997) con un giovane Alessandro Gassman nel cast.
Dopo vent’anni, la decisione del regista è stata quella di riproporre la storia del film facendone una serie televisiva i cui 8 episodi sono stati resi disponibili, dal 13 aprile, sulla piattaforma Diseny Plus. Ozpetek, insieme al suo sceneggiatore di fiducia Gianni Romoli, ha così rimesso mano alle storie di Michele, Antonia e Massimo, reinventandole e costruendo una serie delicata ed emozionante, capace di riassumere tutto l’universo estetico e cinematografico del regista. Non sono infatti rare le autocitazioni che arricchiscono la serie come veri e propri easter egg, come quando in una scena dell’episodio finale Antonia si trova a letto intenta a leggere un libro che non è altro che Rosso Istanbul, romanzo d’esordio del regista edito da Mondadori nel 2013.
Lo scheletro della storia è rimasto invariato e recupera il soggetto del film del 2001: Antonia (Cristina Capotondi) e Massimo (Luca Argentero) sono sposati da 15 anni, ma l’uomo porta ormai avanti da due anni una relazione clandestina e omosessuale con il giovane Michele (Eduardo Scarpetta). Tutto sembra far sì che Massimo propenda per l’idea di rivelare alla moglie del proprio segreto così da ricominciare una nuova vita con l’amante, se non fosse che un incidente d’auto gli toglie bruscamente la vita. L’evento distrugge le sfere sentimentali di entrambi, fino a quando Antonia decide di indagare sui segreti del marito arrivando a scoprirne il tradimento. Ma quello che poteva essere un tremendo twist per la vita di Antonia si trasforma in realtà in una splendida opportunità che la porterà a conoscere il mondo di Michele (e Massimo): un mondo meravigliosamente e fieramente diverso, quello delle due coniugate Annamaria e Roberta e della ragazza trans Vera, dell’ emancipata Luisella, del cinico ed effemminato Walter e della turca Serra e tanti altri. Una vera e propria nuova famiglia, che si stringerà accanto al lutto di Antonia e Michele attraverso pettegolezzi, avventure, “pranzi della domenica” e tanti spassosi battibecchi.
Se il punto di forza del film era proprio quello di lasciare sospesi i passati e i destini dei personaggi che ruotano attorno ad Antonia e Michele, la novità della serie sta proprio nell’aver intessuto attorno a ciascuno una trama tutta personale, che si srotola nel corso degli episodi rendendo i personaggi irresistibili, anche i più marginali (grazie anche alle straordinarie interpretazioni), componendo quella che è una vera e propria commedia corale che non dimentica momenti apicali di assoluto lirismo: è il caso della scena di rappacificamento tra Vera (Lilith Primavera) e la madre che l’aveva ripudiata perché trans o gli struggenti momenti di solitudine di Michele, incapace di sostenere l’assenza dell’amato Massimo.
La nuova sceneggiatura è rigorosa, fresca e vivace, calata efficacemente nella contemporaneità, in grado così di modernizzare lo script del 2001: si parla di sesso senza tabù, si citano app e chat di incontri omossessuali, si mostra la verità dei sentimenti con tutte le loro contraddizioni e sfaccettature senza mai scadere nel bieco gusto per un erotismo vuoto e spicciolo (come accade a tante serie, da Elite ad American Horror Story), ma conservando un margine di intimità continuo, come se si volesse costantemente preservare il mistero di fenomeni unici come l’amore e il sesso.
La regia è salda, decisa e ben ferma, incisiva ed equilibrata, non ha bisogno di artifici retorici per narrare l’apparente semplicità delle storie di casa Mariani, le quali nascondono spesso intrecci, sotto trame e improvvisi radicali slittamenti narrativi.
Le interpretazioni sono magistrali e calibrate a puntino: pregevole il trio Capotondi – Argentero – Scarpetta, ma anche gli attori che agiscono da coro soprattutto Ambra Angiolini, Paola Minaccioni e la ormai onnipresente Serra Ylmaz.
La serie sarà anche una grande sorpresa per i fan più accaniti e affezionati di Ozpetek, dato che vi potranno ritrovare tutte quelle cifre stilistiche che hanno imparato a conoscere e ad amare nei film del regista: la chiromante astrologa fissata con l’oroscopo (come in Saturno Contro, 2007), l’amore per Napoli (città alla quale il regista ha dedicato il film del 2017 Napoli Velata) e la passione per l’opera (ed è risaputo che Ozpetek porti avanti, insieme a quella di regista di cinema e scrittore, anche la carriera di regista di lirica) e ancora il suo distintivo cosmopolitismo (l’episodio finale mostra delle location simili a quelle di Rosso Istanbul, 2017).
Pregnanti anche le scelte della colonna sonora, mai secondarie nelle opere di Ozpetek, sempre a metà tra il cantautorato italiano, le esperienze musicali estere e la tradizione folkloristica turca, ma sicuramente il brano più vero e intenso è Buttare l’amore di Mina, altra grande passione del regista. La traccia chiude come sigla tutti gli episodi della serie, ciascuno dei quali è contraddistinto da un titolo in grado di circoscrivere il macro – tema che la storia affronterà. Una scelta molto apprezzata, soprattutto perché guida lo spettatore in quella che è una vera e propria partitura emotiva collettiva portata a galla episodio dopo episodio.
Come ogni pregevole operazione, anche Le fate ignoranti – la serie non è esente da qualche pecca come l’idea di introdurre didascalicamente ogni episodio dalla voce narrante di Luca Argentero, scelta che appare artificiosa e per nulla in linea con lo stile della regia e dello script.
In ogni caso, ancora una volta si devono fare i complimenti a Ferzan Ozpetek, il cineasta che personalmente riesce sempre ad emozionarmi, capace di toccare le corde giuste anche nell’ambito seriale e abile nell’ arrivare dritto al punto con storie composte di affetti, ripicche, contraddizioni, comicità e sentimento. Storie semplici e pure tanto complesse, come l’amore, la diversità e, perché no, come anche la vita stessa.

