Per la rubrica Ritratti d’Autore continuiamo il nostro viaggio nel fantasy con un nome di primo piano: Michael Andreas Helmuth Ende (1929-1995).
L’autore, de La storia infinita era figlio di un pittore surrealista tedesco, come avrete intuito dal nome. Nel 1936 tuttavia, le opere di suo padre furono considerate dal regime di Hitler “arte degenerata” che tradotto significa: confisca e vietato vendere/riprodurre/esporre, con tutte le conseguenze del caso.
E infatti, per il piccolo Michael l’infanzia non fu una passeggiata; crebbe con la sensazione che la scuola penalizzasse i suoi lavori e limitasse le sue pulsioni artistiche. All’età di otto anni, poi, perse anche il suo migliore amico Willy. L’evento lo sconvolse a tal punto che descriverà l’eroe di Fantàsia proprio con l’aspetto del compagno.
Furono anni tormentati dalla guerra resa ancora più aspra dal declino del credo nazista cui il nostro si era sempre opposto nonostante la giovane età. Michael riuscì a evitare l’iscrizione alla “gioventù Hitleriana” ma non l’arruolamento e, ad appena sedici anni e dopo un solo giorno di addestramento, venne mandato in battaglia.
In brevissimo tempo assistette alla morte di molti suoi commilitoni. Sconvolto, scappò via e in una notte pare abbia percorso circa 80 km per arruolarsi nel Fronte anti nazista per la Baviera Libera.
Finita la guerra, Ende tornò a casa ma venne folgorato sulla via di Damasco grazie all’incontro con l’Antroposofia di Rudolf Steiner. Per i neofiti (come me), trattasi di una sorta di scienza basata sugli studi del filosofo esoterista Steiner il quale rifacendosi agli studi Fichte, Nietzsche e di Schelling, con un pizzico di romanticismo di Goethe, sosteneva che l’Antroposofia fosse:
“Una via della conoscenza che vorrebbe condurre lo spirituale che è nell’uomo allo spirituale che è nell’universo. Sorge nell’uomo come una necessità del cuore, della vita, del sentimento, e può essere pienamente giustificata se soddisfa questo bisogno interiore”
Mentre il nostro si adattava a questa nuova filosofia, per vivere si dedicò al teatro. Scrisse e recitò in ruoli secondari senza tuttavia ottenere grande riscontro. Seguirono anni tranquilli allietati dall’incontro con la sua futura moglie: Ingeborg Hoffmann, una interprete di jazz e cabaret che lo sostenne sempre e lo incoraggiò a scrivere. Nel 1958 completò il suo primo libro: Le avventure di Jim Bottone, che (udite udite) venne rifiutato dagli editori.
Due anni più tardi la piccola casa editrice Tienemanns decise di credere nel romanzo di Michael Ende (a volte i miracoli accadono) e volle pubblicarlo. La storia ebbe un incredibile e immediato successo che fece la fortuna sia dell’autore che dell’editore, con buona pace di chi lo aveva snobbato. Michael Ende vinse anche il premio per la Letteratura Tedesca Infantile (1961).
Nel 1964 Michael Ende si sposò a Roma con la sua fun numero uno e si stabilì a Genzano ove rimase per ben 14 anni. Dopo le avventure di Jim Bottone, continuò con il teatro ma mise mano anche a un altro successo: Momo. Anche questo pubblicato con Tienemanns (il primo editore non si scorda mai) nel 1972. Il romanzo venne illustrato dallo stesso autore e racconta di una ragazzina, di nome Momo, orfana e senza memoria ma con il dono di saper ascoltare e dare consigli. Tutte cose che richiedono tempo e lei lo usa per aiutare le persone in difficoltà. Almeno finché non arrivano i signori grigi a predicare un miglio uso del tempo. A questo punto il testo si focalizza sul tema del tempo e del modo in cui esso viene impiegato nella società moderna. Momo è sostanzialmente una feroce critica al consumismo sfrenato, al progresso tecnologico che di fatto fa perdere di vista l’obiettivo delle persone, ovvero quello di essere felici, magari assaporando gli attimi che i signori grigi, invece, vogliono rubare.
Ma il successo e la consacrazione al fantasy, Michael Ende lo ricevette nel 1979 con la sua pubblicazione più famosa: La storia infinita, uno dei libri più letti del Novecento tedesco (e non solo) che narra le straordinarie avventure del giovanissimo e goffo studente Bastiano il quale, dopo aver perso la madre, si rifugia nelle letture di storie fantastiche. Preso di mira dai bulli, si rifugia nella soffitta della scuola dopo aver preso in prestito uno strano libro…
Ne venne tratta una fortunatissima versione cinematografica. Tuttavia non tutti sanno che il romanzo, in realtà, è ben più lungo e complicato del film del 1984. Intanto il testo è diviso in 26 capitoli, uno per ogni lettera dell’alfabeto tedesco, poi è scritta in due colori, una per le ambientazioni umane e l’altra per le avventure nella terra di Fantàsia. Tema trainante è, manco a dirlo, l’importanza della fantasia. Si può dire che il romanzo ne sia un vero e proprio elogio, arma potente contro chi perde la speranza e si consegna al nulla. La fantasia che può dar vita a migliaia di vite e di storie possibili e parallelamente ad essa si innescano le funzioni della memoria/ricordo, fondamentali per l’esistenza non solo del regno di Fantàsia ma anche degli uomini.
Bastiano, Atreiu, il fortunadrago, l’infanta imperatrice, sono entrati nel mito della letteratura.
Il successo fu universale ma coincise con un decadimento psico-fisico dell’autore cui seguì una grande delusione; la versione hollywoodiana venne definita da Michael Ende:
«Un gigantesco melodramma di kitsch, commercializzazione, pupazzi e plastica». E poi l’affondo: «Auguro la peste ai produttori. Mi hanno ingannato: quello che mi hanno fatto è una sozzura a livello umano, un tradimento a quello artistico»
Nessuno morì di peste e il film, in compenso, vinse un mucchio di premi.
Michael Ende scrisse anche una serie di racconti ispirati ai quadri del padre: Lo specchio nello specchio ma nulla di ciò che produsse in seguito eguagliò il successo delle avventure di Bastiano. Dopo la morte della moglie, stroncata da un cancro nel 1985, Ende ritornò in Germania ma non ci rimase a lungo. Il Giappone, che lo aveva sempre affascinato, venne da lui visitato più volte. Ende amava il paese del Sol Levante e ne era ricambiato largamente. E giapponese fu la sua seconda moglie.
Nel 1992, periodo in cui cominciarono a manifestarsi i primi sintomi di una grave malattia, pubblicò La prigione della libertà, raccolta di racconti nella quale domina il conflitto angosciante tra sogno e realtà con un progressivo desiderio di distacco dalle cose materiali di questa terra. Che fosse una premonizione? Di lì a poco gli venne diagnosticato un cancro che lo uccise a soli 65 anni.
Curiosità
Il libraio a cui Bastiano ruba il libro si chiama Carlo Corrado Coriandoli.
