Per la rubrica Ritratti d’Autore, continua il viaggio nella fantascienza e non potevo non nominare Ray Bradbury (1920 – 2012).
Il suo nome è associato ai grandi scrittori di science fiction nonostante avesse lui stesso un concetto di fantascienza un zinzino diverso dal resto del mondo. Per dirla tutta, Bradbury nemmeno si riteneva un autore di fantascienza o quantomeno di quei romanzi che si rifacevano alle discipline scientifiche come base per racconti di questo genere letterario.
Piuttosto usava il suo genio creativo per esaltare altre materie, come i miti greci o la filosofia per esempio, che considerava ben più longevi. Aristotele ringrazia.
Di conseguenza il nostro si è dilettato anche con altri tipi di racconti, alcunidei quali entrati addirittura a far parte di testi scolastici. Basti leggere Il popolo dell’autunno, in cui compare la città di Green Town (diretto riferimento alla sua città natale) sconvolta da un carnevale nero in cui un circo promette l’eterna giovinezza, il romanzo di formazione L’estate incantata (o Dandelion Wine), il poliziesco La follia è una bara di cristallo o il fantasy-horror l’Albero di Halloween. Festa per cui, il nostro, andava così matto che nemmeno in tarda età smise di mascherarsi, inoltre possedeva tutta una gamma di cravatte intonate all’occasione. Insomma si può dire che Bradbury abbia scritto su tutto e di tutto. Eppure è entrato nella storia per l’unico (parole sue) romanzo di fantascienza prodotto. Misteri editoriali ai confini della realtà…
“Prima di tutto, non scrivo fantascienza. Ho fatto solo un libro di fantascienza e questo è Fahrenheit 451, basato sulla realtà. La fantascienza è una rappresentazione del reale. La fantasia è una rappresentazione dell’irreale. Quindi Cronache Marziane non è fantascienza, è fantasy. Questo è il motivo per cui durerà a lungo, perché è un mito greco e i miti hanno il potere di resistere.”
Ray Bradbury nasce in Illinois, in una cittadina chiamata Waukegan che più tardi gli ispirerà la Green Town dei suoi racconti, ma è a Los Angeles che passerà gran parte della sua esistenza.
Come tutti i bambini cresciuti durante la golden age della fantascienza, legge le riviste del settore anche se, a onor del vero, bisogna dire che era un avido lettore anche di racconti d’avventura. In particolare amava leggere Burroughs (l’autore di Tarzan), Jules Verne e Edgar A. Poe.
Ma la svolta inizia negli anni ’30 quando diventa membro della Los Angeles Science Fiction Society, una sorta di vero e proprio circolo di appassionati di fantascienza, con tanto di rivista chiamata Immagination! su cui riuscì a pubblicare il suo primo racconto dal titolo Hollerbochen’s Dilemma, ovvero la storia di un individuo capace di fermare il tempo per sfuggire ai pericoli.
Peccato che il racconto non piacque a nessuno, nemmeno a lui che lo definì “terribile”.
Si vede che non era il momento giusto perché ci vollero altri 70’anni affinché Hollerbochen’s Dilemma venisse rivalutato tanto da nominarlo per il Retro-Hugo Award, un prestigioso premio assegnato alle opere di fantascienza, nella categoria “Miglior Storia Breve”.
In quegli anni intanto, Bradbury seguitava a proporre storie diverse da quelle scritte dai suoi colleghi; erano poco commerciali e ancora meno in linea con i gusti del pubblico, e questo non giovava alle vendite. E nemmeno alle finanze.
Ci vollero gli anni ’40 per avere qualcosa di pubblicato. Nel frattempo scoppia la guerra, ma lui venne riformato a causa di problemi alla vista. Poco male. Il nostro si dedicò alla scrittura a tempo pieno.
Nel 1941 esce un racconto scritto a quattro mani con Harry Hasse dal titolo: Pendulum e lo pubblica su una rivista fondata da lui stesso: Futura Fantasia.
“Ero lontano anni luce dallo scrivere il mio primo racconto buono,” disse Bradbury, “ma intravedevo già il mio futuro. Sapevo la strada che volevo scegliere.”
Nel 1947 la sua vita sociale non era esattamente da jet set internazionale, così Bradbury passava ore in biblioteca o nella libreria Fowler Brothers. Ed è qui che conosce Marguerite McClure, la donna che sarebbe diventata sua moglie. Lei lavorava come impiegata e non gli toglieva gli occhi di dosso. Non tanto per una romantica attrazione fisica quanto per la concreta paura che lui sgraffignasse qualche libro. Ebbero quattro figli.
Intanto inizia la sua ascesa, e riviste come Super Science Stories, Thrilling Wonder Stories, Planet Stories e The Arkham Sampler se lo contendono nonostante lui abbia nei suoi racconti un unico tema: la conquista di Marte. Bradbury aveva una sorta di fissa per il pianeta rosso e per la sua colonizzazione. Questo a prima vista.
Per gli intenditori, invece, le sue storie erano soprattutto una feroce e metaforica critica a ciò che è stata la colonizzazione dell’America ai danni dei nativi americani.
Nel 1951 raccolse tutti i suoi racconti in un’antologia dal titolo (un po’ scontato) Cronache Marziane, che gli valse un successo internazionale.
Ma il suo master piece, rimane senz’altro Fahrenheit 451 (conosciuto in Italia anche col nome di Gli anni della fenice) pubblicato nel 1953. Il romanzo in realtà nasce dalla costola di un racconto breve dal titolo The Fireman, in cui un uomo invece di spegnere gli incendi, come suggerisce il titolo, li appicca a causa di una legge che vieta alla popolazione di leggere qualsiasi libro. Pena il rogo della casa con annessi tomi. Chi ci ricorda?
Dopo Fahrenheit 451, la sua fama era decisamente incontrastata e Bradbury venne definito un precursore della Space Age, epoca ufficialmente iniziata il 4 ottobre del 1957 con il lancio del satellite Sputnik 1 da parte dell’URSS e che vide i primi passi dell’esplorazione spaziale. In suo onore l’equipaggio dell’Apollo 15 chiamò un cratere lunare Dandelion, un asteroide venne battezzato 9766 Bradbury, e dato che anche la Nasa voleva dire la sua, alcuni scienziati diedero il nome di The Martian Chronicles ad alcune rocce… su Marte. Mi sembra molto coerente.
Da qui in poi è inarrestabile. Arriva anche a scrivere la sceneggiatura di Moby Dick e la centesima puntata de Ai Confini della Realtà.
Nemmeno l’infarto del 1999 lo tiene lontano dalla macchina da scrivere, escono: Ahmed e le macchine dell’oblio, Ritornati dalla polvere, Tangerine e Constance contro tutti.
Ray Bradbury muore nel 2012 all’età di 91 anni poco dopo aver completato Ora e per sempre.
. Curiosità:
La scintilla…
Nel 1932 durante il carnevale, Bradbury incontrò un mago chiamato Mr. Electrico.
Alla fine della sua performance Mr. Electrico raggiunse il dodicenne Ray, lo toccò con la sua spada carica di energia e gli disse: “Live forever!”
Fu allora che il ragazzo decise che avrebbe scritto ogni giorno della sua vita. E la fascinazione della magia non finisce qui: tutta la vita si divertì a fare trucchi magici con carte e monete ai suoi nipoti.
