Per la rubrica Ritratti d’Autore, oggi parliamo di William Peter Blatty (1928 – 2017).
Magari il nome vi dice poco, però vi sfido a trovare qualcuno che non abbia tremato davanti al suo capolavoro: l’Esorcista. La sottoscritta, per esempio, è andata ben oltre la semplice tremarella.
Andiamo con ordine.
William Peter Blatty nella vita è stato: scrittore, sceneggiatore, regista, produttore e pure attore.
Nacque a New York da genitori libanesi e circondato da quattro fratelli. Ma il padre si stancò ben presto di questo caotico ménage, poverino lui, e abbandonò la famiglia costringendo mamma Blatty e i suoi figli a vagare di casa in casa per ben 28 volte e sempre con un occhio agli spiccioli. Ma la donna aveva dalla sua una profonda fede cattolica che influenzò molto William il quale finì per frequentare sempre scuole gesuite tanto da terminare gli studi alla Georgetown University, che è – indovinate un po’ – gesuita.
Dopo la laurea, per sbarcare il lunario, il nostro si dedicò a lavori di ogni genere e dato che la dea bendata ogni tanto ci vede, riuscì a vincere ben 10.000 dollari ad un quiz televisivo. Sono gli anni ’50 e ora con quei soldi può realizzare il sogno della sua vita: scrivere senza l’assillo dello stipendio.
È il suo momento d’oro. Nel 1959 esordisce con una raccolta di articoli semiseri e autobiografici dal titolo: Which Way to Mecca, Jack? In cui racconta le sue avventure in Libano, al soldo dell’Information Service degli Stati Uniti.
Il successo arriva con la sceneggiature di Uno sparo nel buio, interpretato da Peter Sellers nei panni dell’ispettore Clouseau, ma senza pantera rosa.
A questa segue l’adattamento del musical Operazione Crèpes Suzette interpretato nientemeno che da Julie Andrews nei panni di una spia durante la prima guerra mondiale. Sono lavori allegri, leggeri e dotati di comicità. Infatti Blatty nasce come scrittore comico.
Ma il giro di boa arrivò nel 1971 con l’Esorcista che rimase in classifica per 57 settimane. La storia è quella di una ragazzina dodicenne posseduta Pazuzu (il demone assiro delle malattie) e sottoposta a esorcismi da due sacerdoti, ovviamente, gesuiti. La leggenda narra che assieme al biglietto, nelle sale cinematografiche, veniva fornito allo spettatore anche un sacchetto per vomitare e che più di una persona venne portata via in ambulanza per malori dovuti ai contenuti del film. Persino la giovanissima protagonista, Linda Blair, ricevette delle minacce e nei mesi successivi all’uscita della pellicola fu costretta a girare sotto scorta.Comunque il film piacque a tutti, pure alla chiesa la quale, attraverso il Catholic News, l’organo ufficiale dell’Arcidiocesi di New York, scrisse:
“L’esorcista è un film profondamente spirituale.”
A Blatty la storia venne in mente durante il suo soggiorno in Libano. Mentre era in attesa dell’Orient Express che doveva portarlo a Baghdad, andò a visitare un sito archeologico dove alcuni operai stavano caricando con un montacarichi una figura umanoide grande più o meno come la statua di Pazuzu, il demone di cui scriverà nel suo libro.
E qui l’immaginazione del nostro prese il sopravvento; iniziò a interessarsi al paranormale, a studiare i riti di esorcismo, a leggere temi e saggi sul demonio, sugli spiritelli e affini, letture che gli conciliavano il sonno, presumo. Durante le sue ricerche, si imbatté in un tomo intitolato Satana, scritto da un autore appartenente all’ordine cattolico dei Padri del Deserto. Indovinate quale foto trovò tra le sue pagine? Quella di Pazuzu. Blatty dovette pensare a un segno dall’alto (o magari dal basso, dipende).
A questo uniamoci il fatto che il nostro, per scrivere l‘Esorcista, si ispirò ad un fatto realmente accaduto e che lo aveva molto turbato. In Maryland nel 1949 un ragazzino di quattordici anni era stato liberato dalla possessione diabolica grazie all’intervento di un prete cattolico. La stampa diede parecchio risalto alla cosa e Blatty lavorò molti anni prima di veder realizzato il suo capolavoro.
Il successo fu tale che proseguì sull’argomento. Nel 1978 uscì La nona configurazione, una meditazione sull’esistenza di Dio ambientata in un castello trasformato dal governo in ospedale psichiatrico per reduci dal Vietnam. I toni metafisici, ai limiti del surrealismo. Il pubblico ci capì poco e al botteghino fu un flop commerciale. La critica, invece, come spesso in questi casi, lo osannò tanto da fargli vincere il Golden Globe del 1981.Nel 1983 Blatty pubblicò il romanzo Legion, che porterà sugli schermi con il titolo: l’Esorcista III. Stavolta gli va bene e il film è tuttora considerato il sequel naturale del primo. Invece l’Esorcista II ebbe scarso successo, in aggiunta ci sono diverse discrepanze tra il romanzo e il film che non è stato mai amato nemmeno dal suo autore.
Ma non pensiate che William Blatty scrivesse unicamente in maniera criptica esaltando toni cupi o atmosfere pesanti. Né che Legion o La nona configurazione siano mattoni teologici. Al contrario, in tutti i suoi lavori si può ravvisare una certa vena comica e quel pizzico di ironia, tipici della sua scrittura, che ne mitigano i contenuti.
I suoi ultimi romanzi sono stati Elsewhere (2009) una storia di fantasmi, e il thriller Dimiter (2010), dedicato al figlio morto a soli 19 anni.
Curiosità
Il set film l’Esorcista vanta una tristissima fama.
Dopo due giorni di riprese, un misterioso corto circuito provocò un incendio che distrusse buona parte dello studio, tranne la camere da letto della bambina indemoniata. Durante la lavorazione morirono nove persone, tra cui il fratello di Max Von Sydow, (che interpretava uno degli esorcisti) il nonno di Linda Blair, il figlio appena nato di un tecnico e l’addetto alla refrigerazione del set; morì anche l’attore Jack MacGowran, il cui personaggio muore anch’esso nel film.
