Alla sua 79esima edizione, la Biennale Cinema si mostra ricca nel programma e agguerrita negli intenti
Era il 1932 quando le autorità fasciste appoggiarono il progetto di una esposizione internazionale d’arte cinematografica che potesse far competere i prodotti filmici italiani (pardon, italici) con quelli del panorama internazionale, soprattutto americani. Il risultato fu una mostra antesignana e avanguardista, capace di anticipare alcune fra le future kermesse cinematografiche più importanti (da Cannes a Berlino), prima nel suo genere e nata di pari passo con quello che sarebbe di lì a poco diventato il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, costituito per supportare e stimolare produttori, registi, sceneggiatori e attori italiani.
Da quel 1932 si sono susseguiti film e capolavori, grandi attori e attrici divine, geniali registi e sceneggiatori incalliti che hanno contribuito a creare il mito del festival, oggi atteso vivamente anche dai meno cinefili. Il mondo non aspetta altro che vedere sbarcare le celebrità sul Red Carpet della Laguna, strette in abiti firmati Valentino o Armani, pronte a competere per aggiudicarsi il Leone d’Oro (che viene assegnato al miglior film) e la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile e femminile.
Ultimamente, per celebrare i 90 anni dall’inizio della straordinaria avventura della Biennale Cinema, il critico e storico del cinema Gian Piero Brunetta ha dedicato un colossale volume al tema, edito da Marsilio Editore, dal titolo La mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia (1932 -2022) e che consiglio a chiunque voglia sondare le curiosità più succulente che hanno caratterizzato la vita quasi secolare di uno dei festival di cinema più importanti del mondo.
Per festeggiare un traguardo così importante, la mostra si presenta quest’anno più agguerrita che mai, già a partire dalla nomina del presidente di giuria ricaduta sull’attrice statunitense premio Oscar Julianne Moore. Il film d’apertura sarà White Noise di Noah Bumbach, regista e sceneggiatore pluripremiato che nel 2019 ci aveva stupito con Storia di un matrimonio (con due impareggiabili Scarlett Johansson e Adam Driver).

Prima di snocciolare le pellicole in gara è meglio citare alcuni dei nomi che si trovano nella sezione Fuori Concorso: spicca innanzi tutto il western Dead for a dollar di Walter Hill, il rivoluzionario regista di I guerrieri della notte, cult del 1979. Il film conta nel cast Christoph Waltz e Willem Dafoe e si è aggiudicata il Jaeger – LeCoultre Glory to the Filmmaker. Da evidenziare poi la presenza di Olivia Wilde con l’attesissimo Don’t worry darling con Florence Pugh e Harry Styles, Kone Taevast del compianto Kim Ki – Duk ed infine Pearl, l’horror slasher con Mia Goth e la regia di Ti West nonché prequel di X: A Sexy Horror Story (2022) che ha letteralmente conquistato pubblico e critica poco prima dell’inizio della stagione estiva. Da segnalare anche la presenza di un italiano, il nostro Paolo Virzì che torna al festival con Siccità.

Sorprendente anche la lista degli artisti nella sezione In Concorso fra cui merita menzionare Martin McDonagh, che nel 2017 aveva diretto una inarrivabile Francis McDormand in Tre Manifesti a Ebbing, Missouri (2017). McDonagh gareggia con Gli spiriti dell’isola, film drammatico con Colin Farrell e Brendan Gleeson. Lo segue a ruota a parità di bravura uno dei Tres amigos del cinema (gli altri due sono Alfonso Cuaròn e Guillermo del Toro) quel Alejandro Gonzalez Inàrritu regista di due gemme come Birdman o L’imprevedibile virtù dell’ignoranza (2014) e Revenant (2015) che si presenta con Bardo, falsa cronica de unas cuantas verdades.
Non poteva mancare Luca Guadagnino, assente per tre anni dal Lido che era diventato ormai come la sua seconda casa, acclamato per The Protagonists (1999), A Bigger Splash (2015) e soprattutto Chiamami col tuo nome (2017). Guadagnino nel 2018 si era dedicato anche al remake di Suspiria, capolavoro del 1977 di Dario Argento, che tuttavia fu accolto in modo ambivalente dalla critica e venne del tutto ignorato dal pubblico che forse non capì l’operazione profondamene intellettuale. Dopo un breve deviazione nella non – fiction con il documentario Salvatore – Il calzolaio dei sogni (2021) dedicato a Salvatore Ferragamo, Guadagnino torna ai toni splatter e sentimentali in un film che unisce horror e drama dal titolo Bones and All e che vede come star indiscusse Timothée Chalamet e Taylor Russell.

Ancora grande attesa per Blonde di Andrew Dominik e con protagonista la talentuosa Ana de Armas calata nei panni di Marilyn Monroe. Il film verrà distribuito su Netflix a settembre, è tratto dal romanzo del 1999 di Joyce Carol Oates e costituisce il secondo biopic (dopo Marilyn, 2011 di Simon Curtis con Michelle Williams) dedicato alla vita della diva americana.

Da citare anche la presenza del grande Jafar Panahi che partecipa (forse a distanza) con Khers Nist. Panahi è stato più volte arrestato con l’accusa di reati politici nei confronti del regime iraniano e ultimamente era giunta notizia che il regista fosse stato di nuovo incarcerato perché “intellettuale scomodo”. Inoltre, come nel 2015 quando diresse clandestinamente Taxi Teheran, sembra gli sia stato imposto di nuovo il divieto di girare e fare cinema. Avremo l’onore di vedere Panahi sul Lido di Venezia?
Altro italiano in gara è Gianni Amelio che dopo aver diretto il politicissimo Hammamet (2020) torna ad una storia dove ragione, politica e sentimento si intrecciano e che coinvolge Elio Germano nella vicenda de Il signore delle formiche.
Infine chiudiamo con due grandi ritorni (anzi tre!): Florian Zeller dopo il successo e le vette poetiche raggiunte con The Father (2020) dirige Hugh Jackman in The Son. Le aspettative sono altissime, visto che il film del 2020 fu un esordio magistrale e la pellicola valse a Anthony Hopkins il suo secondo Oscar come miglio attore. Darren Aronofsky invece, il regista camaleontico e sfaccettato di Requiem for a Dream (2000), Il cigno nero (2010) e Madre! (2017), approda nella Laguna con The Whale che avrà come protagonista (e questo è un gradissimo inaspettato nome) nientemeno che Brendan Fraser che a causa di alcune traversie professionali non ha più partecipato ad un film decente dal 2013, mentre alcuni motivi personali lo avevano portato ad allontanarsi dalla vita pubblica.

Ce ne sono per tutti i colori, ci sono tutti i nomi perché questa 79esima edizione del Festival di Venezia sia veramente memorabile, connotata da una programmazione che quest’anno sprizza energia da ogni poro. L’unica croce a cui saremo sottoposti sarà la caterva di vip e influencer che sfilerà, non si sa a quale titolo, sul prestigioso Red Carpet di Venezia. Ma poco importa se questo vuol dire comunque seguire un festival che ha fatto e sta facendo, ancora oggi, la Storia.