COMUNICATO STAMPA
Tracce dell’umanità declinate in arte: oggetti, forme, spazi e informazioni si piegano nella struttura e nell’utilizzo alla visione concettuale di giovani artisti emergenti o studenti dell’Accademia di Belle Arti di Carrara.
E’ un’esposizione che cambia le prospettive e ne disegna di nuove e che proietta la Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara nel palcoscenico dell’arte contemporanea aprendo nuove strade per le sale di Palazzo Binelli.
E’ qui, nel cuore di Carrara, che prende il via la mostra ‘T.O.T. Themes of Traces’ nell’ambito del festival con-vivere, ospitata nella sede della Fondazione. Ieri un’anteprima esclusiva con gli organizzatori e gli artisti, assieme al presidente della Fondazione Enrico Isoppi e alla sindaca di Carrara Serena Arrighi, dedicata ai giornalisti: accompagnati dalle spiegazioni del curatore della mostra al piano nobile, Andrea Zanetti, e dal docente dell’Accademia Gilberto Pellizzola, che si è occupato dell’esposizione degli studenti al piano terra, hanno potuto quindi seguire il percorso artistico delle varie sale il cui filo conduttore è quello di un viaggio attraverso le tracce che l’umanità lascia sul suo percorso.
Si parte dai giovanissimi, al piano terra, e ad accogliere lo sguardo c’è l’opera Breached Nest di Li Yuzhuo la cui opera prende corpo da un sogno: un nido formato da mani di colore rosso, mani dell’uomo che avvolgono il nido che rappresenta la natura. Mani che sfruttano e distruggono, abusano e violentano. Quale altro materiale se non la carta ha rappresentato per secoli il simbolo stesso della traccia umana?
Ginevra Barghetti con i suoi Daily Jewels le ridà vita trasformandola in gioielli, “piegata tramite l’antica tecnica giapponese dell’Origami, la carta di giornale ha vita nuova, senza però perdere la sua inconfondibile texture originale” restando così un oggetto ‘quotidiano’.
Anche matematica, informatica, scienza e numeri si trasformano in arte, in musica e immagini grazie all’opera audio-visiva digitale di Rafael Bresciani ‘Vox Aeterna The Covid Variations’:
“Utilizzando tecniche di sonificazione dei dati, visualizzazione sonora e algoritmi generativi audio-reattivi, ho realizzato una serie di composizioni musicali e visive, in cui i dati di mortalità giornaliera provocati dall’infezione del Sars-CoV-2, in un determinato territorio, sono la sorgente di informazione e la realtà da rappresentare. Il sistema produce un risultato diverso per ciascuna delle dieci nazioni-campione, a seconda delle differenze dei dati. Ogni giorno corrisponde a un secondo, mentre ogni voce a una fascia di età”.
Un’eco matematica che trasforma i numeri in un grido di dolore.
La pandemia torna anche nell’opera di Valentina Giuntoli ‘Vaga anima mea’:
“’Il viaggio è nella testa’ scriveva Baudrillard. Questo viaggio è una delle poche cose che ci ha salvato durante le monotone giornate di pandemia. I due mondi rappresentati nell’opera sono due facce di una stessa medaglia. Al di sotto, scure masse rocciose dal rilievo montuoso riproducono una sorta di inferno in cui abbiamo vissuto per mesi. Su di esse si erge un mondo parallelo, un facsimile creato per sfuggire a ciò che ci aspettava. È bianco e oro, come il paradiso”.
Ad arricchire le sale ci sono le opere di Caterina De Nisco, Sime Llicer Ferri, Noela Lotti.
A condurre il viaggio al piano superiore, dedicato cinque artisti contemporanei, Emiliano Bagnato, Raffaele Morabito, Federica Mutti, Eleonora Roaro e Vincenzo Zancana, è stato il curatore Andrea Zanetti spiegando che tutte le opere saranno poi donate alla Fondazione stessa, andando ad arricchire il patrimonio di opere d’arte contemporanea dell’ente.
Elaborazioni personali che passano da tracce di memoria, di suono, di luce, di parola, di mutazione.
Nella prima sala Eleonora Roaro affronta le tracce di memoria attraverso un viaggio nel passato del territorio, della torre Fiat di Marina di Massa e del periodo del fascismo, con immagini e filmati storici immersi in una performance artistica di grande valore evocativo.
Vincenzo Zancana ci porta invece sul Cammino di Aronte e il percorso si snoda attraverso arcipelaghi ideali che mescolano materia e immagini.
Le tracce di luce di Vincenzo Morabito esaltano invece l’imperfezione: segni di imperfezione delle vecchie fotografie diventano punti di luce, metafora delle crisi che tornano alla loro condizione iniziale.
Le ‘tracce di’ sono invece quelle che affronta Federica Mutti: una frase che leggiamo ogni giorno su tutte le confezioni alimentari, ‘può contenere tracce di’, diventa momento di riflessione per esorcizzare le paure: erbari, denti di zucchero, pigmenti rivelatori di placche dentali.
E nell’ultima stanza le tracce sonore di Emiliano Bagnato diventano un’opera interattiva che invita i visitatori a ‘vivere l’esperienza’, a interagire con la mostra e lasciare la propria traccia: telefoni, bacchette di legno, pennelli e catene e altri oggetti da far battere o far scorrere su una grande tela oppure su un cubo. Il gesto e la sua intensità restituiranno un suono nelle cuffie da indossare e ne visualizzeranno la traccia sonora su un vecchio televisore a tubo catodico. Tela e cubo preserveranno quindi i segni del passaggio dei visitatori in una traccia per sempre a disposizione della Fondazione.