L’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia nel ventinovesimo anniversario del sacrificio del C. le par. RIGHETTI Giorgio, caduto a Mogadiscio il 15 settembre 1993 durante una missione di pace, invitano la S.V. a partecipare alla cerimonia che si terrà sabato 17 settembre 2022 presso la biblioteca civica in via Garibaldi n. 1 a Marina di Carrara.
Ecco il programma della commemorazione:
Ore 09,15 Afflusso Associazioni, Rappresentanze e Cittadinanza.
Ore 09,20 Afflusso Autorità.
Ore 9,30 “in ricordo di Giorgio, la sua storia, la motivazione della M.O.V.E.” e a seguire, presso il cimitero di Turigliano V.le XX Settembre Avenza – Carrara (ritrovo subito dopo il cancello d’ingresso)
Ore 10,30 Deposizione fiori presso la tomba di Giorgio
Le Associazioni sono invitate ad intervenire con insegne e labari nel rispetto delle disposizioni “anticovid”

Chi era Giorgio Righetti?
Giorgio Righetti è stato un alunno diligente della scuola militare di paracadutismo di Pisa. Soldato di leva che avevano deciso di prolungare di tre mesi la sua esperienza in divisa, andando in un paese africano con la speranza di poter alleviare la sofferenza di quella gente senza colpe.
Era nato in Cile, a Vigna del Mar, a 11 anni, il trasferimento, con la famiglia, a Marina di Carrara. Il mare, la sabbia, i salti. La passione per il volo deve essere nata lì, quando si esibiva nei volteggi sulle pedane elastiche. È perfino diventato un campione della specialità. Poi il fratello maggiore entra nei parà e la Folgore finisce per rappresentare anche per Giorgio, il reparto dove assolvere gli obblighi di leva.
Arriva in Somalia il 6 giugno 1993; La Somalia che accoglie Giorgio è un sistema politico e sociale precipitato nel caos del dopo- Siad Barre. L’Italia interviene con l’operazione IBIS a seguito della risoluzione 794 del Consiglio di Sicurezza dell’O.N.U., la missione Unosom (che coinvolge 16 nazioni, guidate dagli Usa) nel dicembre del 1992.
Righetti viene distaccato al Reparto logistico di contingenza (Re.lo.co) del porto nuovo di Mogadiscio, nucleo incaricato di ricevere e smistare i rifornimenti dall’Italia e utilizzato anche per le scorte. In quei giorni di metà settembre 1993, il contingente italiano è impegnato nel trasloco dei reparti a Balad, trenta chilometri a nord di Mogadiscio.

Cosa succede il 15 settembre 1993?
Il 15 settembre fuori dell’orario del servizio, in 4 colleghi Giorgio Righetti, Rossano Visioli, Nicola Sforza e Christian Baldassin, decidono di lasciare l’accampamento per fare un po’ di ginnastica e di jogging.
La banchina nord del porto è un piazzale lungo circa 150 metri e largo 300, in mezzo a cui stanno i moduli abitativi delle truppe indiane dell’Unosom e i mezzi militari. L’area a nord e a est è delimitata, invece, da un muro perimetrale alto 4-5 metri. Quella sera, però, i quattro decidono di proseguire la corsa seguendo la linea del muro. È sera, ma «il luogo è illuminato da una doppia fila di lampioni». E poi sulla banchina c’è «una consistente e diffusa presenza di personale militare, dai pakistani agli americani, dagli indiani alla polizia somala». Non solo: all’esterno del muro, il personale degli Emirati Arabi presidia la postazione quindi «l’area era da ritenere sicura».
I quattro ragazzi, uno accanto all’altro, arrivano di corsa in fondo al molo e svoltano. Poi sentono dei colpi di arma da fuoco arrivare da dietro. Istintivamente, scappano a sinistra, cercando riparo tra i veicoli parcheggiati. Sentono altri 4-5 colpi, più due raffiche. Sono quelle che investono Righetti e Visioli. Il primo da subito non risponde. Rossano sì. Avvisa Baldassin e Sforza di essere stato colpito. Mentre quest’ultimo resta nascosto, Baldassin corre a chiedere aiuto al comando italiano, distante qualche centinaio di metri.
Arrivano i primi soccorsi: quattro parà sparano in direzione di un ex mattatoio e inizia un conflitto a fuoco, perché dal mattatoio rispondono. Qualche istante dopo, giunge a dare una mano agli italiani anche un nucleo appiedato americano. Anche dalla postazione degli Emirati Arabi s’inizia a sparare.
Cessa l’azione di fuoco. Si tenta un rastrellamento che non porta frutti.
Giorgio Righetti caporale paracadutista il 15 settembre del 1993 sacrifica la sua giovane vita per difendere un ideale di pace e di solidarietà tra i popoli e offrendo a tutti noi un esempio di soldato e cittadino.
Il ministro della Difesa di allora, il socialista Fabio Fabbri, “Una tragica fatalità. Righetti e Visioli, vittime di colpi isolati, sparati da cecchini somali”.