Il ritratto di oggi è dedicato a Charles Lutwidge Dodgson in arte Lewis Carroll (1832– 1898).
Quando avete un momento di fastidiosa onnipotenza, sappiate che nella vita quest’uomo è stato: un famoso matematico, un filosofo, un pastore anglicano, l’inventore di giocattoli e di un codice per scrivere al buio, un eccellente fotografo, l’ideatore dei giochi di carta e penna più famosi del mondo (tris, l’impiccato, battaglia navale, nomi-cose-città ecc…) e pure l’autore di Alice nel paese delle meraviglie.
Charles Lutwidge Dodgson, nacque a Daresbury in Inghilterra. La famiglia era di origini irlandesi, agiata e con un pedigree di tutto rispetto. Il padre, un arcidiacono molto colto, non faceva mai mancare in famiglia letture importanti come Il romanzo allegorico o Il pellegrinaggio del cristiano di John Bunyan. Insomma nulla a che fare con Peppa Pig e affini. Il piccolo Charles si dimostrò subito molto precoce e sveglio nell’apprendere i tomi e gli insegnamenti paterni.
Nonostante il benessere, l’infanzia e l’adolescenza non furono una passeggiata. Charles era timido che di più non si può, sordo a un orecchio, soggetto a epilessia (ma alcuni sostengono fossero crisi di emicrania con aura) e, dulcis in fundo, balbuziente. Una vera manna per i bulli. Si vocifera di molestie sessuali subite alla Rugby School da cui uscì traumatizzato.
“Nessuna considerazione potrebbe indurmi a ripetere i miei tre anni … Posso dire onestamente che se fossi stato … risparmiato dai disturbi notturni, sopportare la durezza della vita diurna sarebbe stato, in confronto, un nonnulla.”
Tutto questo non gli impedì di eccellere negli studi. Era particolarmente portato per le scienze e la matematica e, grazie alle sue doti, vinse diverse borse di studio fino a laurearsi a pieni voti all’Università di Oxford. Proseguì la sua carriera insegnando matematica alla Christ Church e, dato che buon sangue non mente, completò anche la sua formazione da diacono. Tutto questo a soli 24 anni.
Passare dall’altra parte della cattedra, però, non migliorò le cose. Il carattere distratto e sognatore, unito alla balbuzie non giovarono alla sua immagine; i colleghi lo evitavano e gli studenti lo deridevano. Tranne a lezione dove, pare, dormissero dato che erano di una noia mortale.
In passato aveva pubblicato qualcosa, per lo più poesie e racconti senza infamia e senza lode, usando lo pseudonimo di Lewis Carroll, ma la vera svolta avvenne nel 1856 quando all’università arrivò un nuovo decano con la sua famiglia.
Lui era Henry Liddell, futuro vicerettore di Oxford e cappellano della Christ Church. Al seguito aveva moglie e pargolanza, ovvero tre bimbe: Lorina, Edith e Alice.
Se con gli adulti le pubblic relations erano un fardello, non così con i bambini. Con loro la sua balbuzie scompariva in più, in veste di diacono, gli era facile portare i suoi piccoli amici ai picnic, al fiume, a fare passeggiate. Un provetto baby sitter, non solo per il decano ma anche per i figli di Lord Tennyson o per quelli del famoso scrittore George Macdonald. In quelle occasioni il serioso Dodgson si trasformava; inventava scherzi, indovinelli e giochi di parole. A casa sua non potevano mancare giocattoli, carillon, pupazzi che inventava egli stesso e ovviamente uno specchio deformante.
Bastava chiudere gli occhi per allontanarsi dalla sbiadita realtà priva di fantasia degli adulti
I bambini lo adoravano e lui adorava loro. Probabilmente Dodgson viveva in una sorta di mondo infantile, lontano dalla vita reale. Logico, quindi, che si trovasse a suo agio solo con i diretti rappresentanti di tutto ciò che nella vita era ancora gioco, letizia e purezza. A catturare la sua attenzione, in particolare, fu la piccola Alice Liddell, la sua musa ispiratrice.
Ben presto Dodgson iniziò a essere una presenza fissa in casa del decano. Per le bambine inventava storie fantastiche dove le protagoniste erano proprio loro. Tra un personaggio e l’altro, ideò anche il suo alter ego cui diede il nome di Dodò ovvero do-do-dodgson, come direbbe un balbuziente.
Poco per volta, quelle storie si trasformarono in un lungo racconto che, una volta terminato, venne sottoposto sia a George Macdonald… che ai suoi figli! Tutti ne furono entusiasti e suggerirono all’autore di pubblicarlo. Dodgson seguì il consiglio più per gioco che per altro ma preferì usare nuovamente lo pseudonimo di Lewis Carroll. Non si sa mai…
Nel 1865 uscì Alice nel paese delle meraviglie e fu un successo oltre ogni aspettativa, pure quella dell’autore. Alice rompeva letteralmente gli schemi e la modalità – didattica e moralista – di fare narrativa in epoca vittoriana. I critici furono compatti nei loro giudizi: le peripezie della protagonista trasformavano i lettori in una sorta di esploratori descrivendo situazioni in bilico tra sogno, delirio, immaginazione, che non aveva eguali. Nel mondo surreale di Alice, dove nomi e regole sono capovolte, appare chiaro il conflitto tra l’essere bambina e il folle mondo degli adulti. Aggiungiamoci anche che nessuno prima di allora aveva tanto giocato con la lingua, le parole, gli enigmi, le forme e le distanze fino a creare una carrellata di avventure ai limiti dell’irrazionale.
“Un buon non compleanno, a chi? A me, a te!”
Con il successo, Dodgson si ritrovò a vivere una doppia vita. Nella prima, era un solitario professore di matematica, nell’altra, un famosissimo personaggio pubblico. Attraverso Alice nel paese delle meraviglie, riuscì a trasmettere la sua filosofia e la sua concezione di bellezza che doveva essere, a suo dire, una perfezione morale ma soprattutto estetica.
Ad ogni modo, la popolarità lo spronò a elaborare il seguito e, nel 1872, venne pubblicato: Alice attraverso lo specchio e quello che vi trovò. Che fu un altro boom editoriale.
E, a proposito di estetica, arriviamo all’altra passione di Lewis: la fotografia. I soggetti che più amava riprendere erano, ancora una volta, i bambini. Li vedeva come esseri puri e privi di peccato. Ma li ritraeva anche privi di vestiti e, per quanto la cosa andasse di moda, persino il più progressista dei vittoriani storse il naso. E infatti voci sulla sua presunta pedofilia fecero il giro dei salotti. A suo discolpa bisogna aggiungere che Lewis faceva in modo di non essere mai solo con i bambini e di avere il consenso delle famiglie. Ciò non fu sufficiente per la madre di Alice Liddell che gli chiuse le porte di casa.
Il biografo Morton Cohen, così scrive:
Probabilmente (Lewis) sentiva più di quanto volesse ammettere, anche a sé stesso.
Nella sua carriera, tuttavia, immortalò anche personaggi famosi, quali Ellen Terry, Dante G. Rossetti, Julia Cameron, assieme a qualche studio di anatomia e molti paesaggi. Ad oggi, molti suoi lavori sono andati perduti, (la maggior parte distrutti dallo stesso Lewis), nonostante ciò, egli rimane uno dei fotografi più importanti del suo tempo.
Le avventure di Alice non sono i soli racconti prodotti da Lewis. Nel 1876 pubblicò La caccia allo snark, opera un tantino dark che ha sempre alla base il nonsense. Stavolta lo dedicò a un’altra bambina: Gertrde Chataway. Seguirono due volumi intitolati Sylvie e Bruno, meno fantasioso dei precedenti. Nessuna di queste ricalcò il successo di Alice. Lewis morì di bronchite, cinque anni dopo.
Con il suo vero nome, invece, Dodgson pubblicò una serie di trattati sulla logica: Euclide e i suoi rivali moderni, il gioco della logica, Che cosa disse la tartaruga ad Achille e La logica simbolica. Suppongo destinati a una nicchia di cervelloni. Insieme al matematico Bernard Bolzano, inoltre, pose le basi per l’ideazione di un regresso noto come Regresso di Bolzano-Carroll che anni dopo venne perfezionato da Bolzano e usato da un certo signor Touring, il tizio che inventò il computer, per capirci…
Curiosità
Il nome Lewis Carroll era una deformazione giocosa del suo vero nome: Lewis è la versione inglese di Ludovicus, da cui deriva Lutwidge; Carroll è l’anglicizzazione di Carolus, il latino per Charles.