Tra i grandi nomi del fantasy, non poteva mancare un ritratto su George MacDonald (1824-1905).
Anche lui, come Lewis Carroll (autore di Alice nel paese delle meraviglie), oltre che poeta, è stato un predicatore scozzese, un saggista e uno scrittore.
Qualcuno lo definisce il “padre” del fantasy, dato che ha ispirato la miglior nomenclatura del genere, da Tolkien a Auden a C.S. Lewis e il già citato Carroll.
Andiamo con ordine. Le origini sono umili; il padre era un contadino scozzese del clan Macdonald di Glen Coe (che per noi boomer fa tanto Highlander). L’infanzia è povera ma agreste e tranquilla, in casa la dottrina calvinista va per la maggiore ma il nostro, non ci si ritrova. La leggenda narra che quando gli parlarono della predestinazione, sia scoppiato a piangere. L’idea che la salvezza fosse riservata a pochi fortunati eletti non era cosa facile da mandare giù. E il dubbio gli rimase per sempre.
Si laurea ad Aberdeen in matematica (che col fantasy c’entra poco) poi si trasferisce a Londra per studiare anche Teologia. In città viene a contatto con un ambiente frenetico in pieno boom economico. Sono gli anni della rivoluzione industriale, del progresso e dei movimenti per l’emancipazione della donna. MacDonald però rimpiange la vita contadina semplice, quella dei placidi villaggi con le casette dai tetti di ardesia, le piazze piene di locande, di artigiani e contadini che alla fine della giornata si riunivano attorno al focolare per raccontarsi storie antiche. E forse da questi scenari attingerà per le sue storie.
La nostalgia non gli impedisce di diventare, a 26 anni, pastore protestante alla Trinity Congregational Church ma dura poco, i suoi sermoni non erano abbastanza in linea con il credo della chiesa. MacDonald predicava la salvezza e l’amore di Dio per tutti – ma proprio tutti – in barba ai calvinisti. Finisce per inimicarsi i fedeli che confidavano nella “selezione all’ingresso” del paradiso, e i dirigenti della chiesa che gli dimezzarono lo stipendio prima di trasferirlo a Manchester.
L’anno dopo accadono tre cose: lascia il pulpito, si sposa e inizia a scrivere.
Nel 1855 esce il dramma dal titolo Dentro e Fuori, che passa inosservato. Tre anni dopo pubblica Phantastes: una favola romantica per uomini e donne. Il perno del racconto sono le vicende del giovane Anodos che viene trascinato in un mondo onirico alla ricerca della donna perfetta per lui. E qualche malizioso potrà pensare che giusto nel mondo onirico poteva cercarla. Alla fine, Anodos, dopo esser stato messo davanti a una serie di tentazioni, è pronto a rinunciare al suo ideale un zinzino pretenzioso per qualcosa di più vero.
Il romanzo non ebbe molto successo, tuttavia la particolarità di aver creato un tipo di ambientazione a metà strada tra il fantastico e il reale, fece notizia. C.S. Lewis, dichiarò che il suo amore per il fantasy iniziò proprio da lì. I lettori di Narnia ringraziano.
Poco dopo esce una raccolta di racconti tra cui La chiave d’oro, La principessa della luce, Il cuore del gigante, Le ombre e Scopo incrociato, in cui le avventure dei protagonisti sono connotate da un aurea di misticismo e simbolismo. Sono racconti inusuali, avventurosi dove i protagonisti sono in costante pericolo.
…senza sofferenza non esiste la vera felicità e senza intelligenza non esiste la consapevolezza e diventi un pericolo per te stessa.
Il nome di MacDonald inizia a girare nell’ambiente e lui inaugura un lungo giro di conferenze. Prima si reca ad Algeri, successivamente negli Stati Uniti dove conoscerà fra gli altri, anche Mark Twain. Il successo arriva nel 1872, quando pubblica la favola de La principessa e il Goblin: la piccola principessa Irene vive in un palazzo isolato non troppo lontano dalle miniere abitate dai perfidi Goblin che non vedono l’ora di vendicarsi dei loro vicini. Vuoi le illustrazioni suggestive, vuoi l’idea di una bambina coraggiosa che affronta creature mai viste, insomma, la favola è un trionfo.
A questo segue Sulle ali del vento del nord, altra fiaba che stavolta ha per protagonista un bambino di nome Diamante che un giorno incontra lo spirito del vento. E questo spirito è un po’ buono, un po’ irascibile, ogni tanto dona, ogni tanto distrugge. Insieme vivranno una serie di avventure che portano Diamante (e chi legge) a meditare sulla bontà, la speranza, la fede, la possibilità di ricostruire ciò che è stato perso o distrutto. Insomma temi tutt’altro che facili e infatti il libro è per lo più adatto agli adulti.
Scrivo, non per i bambini ma per quelli che hanno l’anima di un bambino, che abbiano cinque, cinquanta o settantacinque anni.
Ormai la sua fama è consolidata. MacDonald battezza un nuovo modo di raccontare storie e inserisce elementi mai visti prima, a cominciare dalle ambientazioni. Egli descrive un mondo fatato che tanto assomiglia alla sua adorata Scozia, ma popolato da fate, spiriti e Goblin e altre creature che daranno il via al genere Fantasy così come lo conosciamo oggi. In più, affronta temi importanti e profondi. Ricordiamoci che MacDonald è un pastore, la sua fede è indubbia, scrivere non è un passatempo ma un modo di raccontare Dio attraverso la sofferenza dei protagonisti i quali, anche nelle situazioni peggiori, sanno tirar fuori il meglio di sé stessi perché non si arrendono al male, ma al contrario finiscono, attraverso una serie di traversie, a “credere” in qualcosa di superiore, di grandioso, di buono e ne diventano testimoni.
Nei suoi viaggi ebbe la ventura di conoscere e diventare amico dei grandi romanzieri del suo tempo: John Ruskin, Charles Dickens, George Henry, Henry Longfellow, Walt Whitman, per citarne alcuni. I suoi racconti furono fonte d’ispirazione pure per J.R.R. Tolkien, il quale se da una parte ammirava questo nuovo genere di letteratura, dall’altra non ne condivideva la stile o i temi.
Carroll, di cui era amico, invece considerava MacDonald il suo mentore tanto da far leggere la sua Alice nel paese delle meraviglie a un gruppo di beta lettori davvero fuori dal comune: i suoi figli.
Nel 1877 stanco di viaggiare, il nostro, si trasferì a Bordighera, per via del clima mite che ben si conciliava con la sua salute. Ci rimase un ventennio e fondò Casa Coraggio che divenne ben presto un polo culturale, un centro d’incontro per artisti, scrittori e letterati.
Da qui in poi le pubblicazioni si susseguono, nel 1895 esce il più popolare dei suoi racconti: una trilogia dedicata a Lilith: Oltre lo specchio, Lilith e La casa del rammarico.
Si tratta di un dark (molto dark) fantasy. La protagonista è una bellissima ragazza di nome Lilith. Nella cultura mesopotamica Lilith era un demone, per gli ebrei la prima moglie di Abramo, quella che viene ripudiata per non aver obbedito al marito. In ogni caso rappresenta ciò che di oscuro e malvagio c’è nella donna. Ebbene, MacDonald la trasforma. La rappresenta come una donna indipendente e coraggiosa ma le conferisce un’anima malefica. Eppure anche per lei c’è la redenzione.
George MacDonald ha lasciato una quantità notevole di romanzi, racconti e poesie. Sebbene in Italia sia poco conosciuto, in Inghilterra è stato riscoperto grazie agli autori di cui tanto influenzò la carriera.
Dopo la morte dell’adorata moglie, e dopo aver subito pesanti lutti in famiglia, (degli otto figli ne seppellisce quattro) MacDonald tornò in patria. Muore nel 1905 ma le sue ceneri sono tornate a Bordighera, accanto alla moglie e ai figli.