LA RIFLESSIONE DI UN LETTORE
Abitiamo in una terra -l’alta Toscana– dove il sole e la luce sono a contatto con l’aria del mare e le sua colline quasi toccano la sabbia. Ed è qui che la gente ha sempre trovato da vivere, non solo con l’estrazione del marmo – fonte principale di reddito per la maggioranza delle famiglie – ma anche per i frutti stessi che le montagne, piene di boschi di castagni hanno sempre donato.
Una selva di castagni era una ricchezza per ogni famiglia.
Il pezzo di bosco veniva tenuto pulito, i castagni venivano potati. Mio nonno faceva questo lavoro: saliva su un albero, potava la pianta, poi senza scendere, facendosi dondolare, passava a un’altra pianta e così tutto il giorno per tutti i giorni dell’anno.
Sul limitare della selva si costruivano dei muriccioli di terra e di foglie, affinché le castagne della proprietà cadendo, non andassero a finire in altra proprietà. Ogni castagna era importante e la pulizia sotto gli alberi era fondamentale per poterle trovare subito. Quante famiglie sono sopravvissute, negli anni duri prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale, grazie a questo oro marrone!
In casa mia ad Altagnana avevamo una cassapanca dove mettevamo la farina che poi che poi sarebbe servita per tutto l’anno. Ogni tanto si andava a prenderne un po’ per fare la polenta o i castagnacci – specie di piadine fatte con la farina di castagne. E quanti cavatori andavano alle cave di marmo con solo quelli! Sette otto di questi castagnacci, per una giornata di lavoro molto pesante.
Per poter continuare e mantenere questa tradizione, non basta la necessità economica, serve la passione. La passione per continuare una tradizione antichissima, e valorizzare un patrimonio di conoscenze, che altrimenti andrebbe perduto.
Questo lo fanno ancora poche persone dei vari paesi di montagna delle Apuane.
Ad Altagnana, ho incontrato Maurizio che con la moglie Tiziana continuano questa pratica. Stamani mi diceva :
” Ora è il momento della raccolta. Le castagne vengono messe su un essiccatoio e si comincia a far fuoco due volte al giorno in modo che non ammuffiscano. Si raccoglie per tutto ottobre e si continua ad aggiungere castagne. Poi, per tutto il mese di novembre, il fuoco resterà acceso giorno e notte.
Le castagne diventano dure come pietre così poi, ci sarà la battitura, per pulirle dalle bucce. Questo lavoro, era fatto fino a qualche anno fa con mazze di legno chiamate mazzalanghe ed era un’arte, in quanto si doveva battere forte, ma non rompere la castagna e nello stesso tempo riuscire a togliere tutte le pellicine. Ora esiste una macchina che fa questo anche se serve poi la revisione di ogni pezzo. A pulitura effettuata si portano al Mulino, dove viene fatta la farina pronta per essere cucinata”.
Mi viene da ringraziare questa famiglia e tutti quelli che ancora portano avanti questa consuetudine, patrimonio delle nostre terre da valorizzare e mantenere.
Se poi oltre alle castagne si trova qualche fungo, il regalo della natura è ancora più completo. Perché questo ci dà la montagna: ci riempie di doni… Altro che oro nero!Francesco Lazzoni