Il ritratto della settimana è dedicato al grande Francis Scott Key Fitzgerald (1896-1940)
È considerato il re della narrativa moderna e colui che meglio seppe incarnare l’età del jazz e di quella che fu la prima rivoluzione sociale americana durante i ruggenti anni venti. Il suo stile pungente, ironico e graffiante ma mai aggressivo, ha raccontato al mondo il vero “sogno americano” dall’ascesa alla disillusione. Che fu tanta.
Nasce a St. Paul in Minnesota, suo padre era un galantuomo sudista, così fedele alla causa da dare a suo figlio il nome dell’autore del dell’Inno Nazionale, Francis Scott Key, per l’appunto.
La famiglia, cattolicissima, era agiata grazie a un’eredità della madre che li salvò dalla povertà. Il piccolo Francis cresce con ideali aristocratici ma, avendo patito un po’ di ristrettezze economiche, ambiva molto a far parte della nuova borghesia americana convinto che solo con i quattrini poteva ambire a trovare il suo posto nel mondo. Ragazzino sveglio.
Ma andiamo con ordine. A 13 anni viene iscritto alla Newman School, e qui conosce Padre Fay, figura fondamentale per il suo sviluppo creativo; fu il suo primo mentore, ne incoraggiò le ambizioni tanto da venir immortalato nel personaggio del Monsignor Darcy in This side of Paradise.
Al termine del college il nostro si iscrive all’Università più blasonata del momento: Princeton. Non è che brillasse negli studi, invece che faticare sui libri se la spassava tra feste, occasioni mondane, gare sportive e stringendo amicizia con la “gente giusta” come John P. Bischop e Edmund Wilson, redattori della rivista Nassau Literary Magazine.
Grazie a loro scopre e approfondisce i grandi autori sia classici che moderni, legge avidamente Bernard Shaw, Oscar Wilde, Herbert Wells ma rimane folgorato da Tennyson, Swinburne, Keats e, soprattutto, Joseph Conrad.
Nel frattempo scrive anche commedie per il “Triangle Club”, una tra le più famose organizzazioni studentesche degli Stati Uniti e, tra la stesura di una commedia e un Aperiparty, Francis incontra Ginevra King. Bella e ricca. La storia dura poco e lo lascerà molto amareggiato.
Arriviamo al 1917. Gli Stati Unita sono in guerra, quale scusa migliore per mollare l’università, partire soldato e combattere per ideali di libertà e giustizia? E invece si ritrova in Kansas e Florida, anziché combattere, scrive la sua prima opera: A romantic egoist. Che però incassa una sfilza di rifiuti. Intanto conosce la giovane figlia di un giudice: Zelda Zayre. Se ne innamora perdutamente. Quando è sul punto di partire per il fronte, arriva la pace.
Pieno di gioia, Francis va a New York, si impiega in una ditta di pubblicità e tenta la strada della scrittura. Ma gli va male, A romantic egoist non lo vogliono nemmeno lì, e a Zelda, di un marito squattrinato non sa che farsene. Lo pianta in asso e lui si prende una sbornia da guinness dei primati dato che dura tre settimane.
Appena può, molla tutto, torna a casa dai suoi e mette mano al romanzo: ci lavora giorno e notte fino a trasformarlo, titolo compreso.
Finalmente il 26 marzo del 1920 esce This side of Paradise (Di qua dal Paradiso). Tanto lavoro viene premiato con un successo straordinario; l’opera esplora la vita degli adolescenti americani, tra cinismo e romanticismo, in un periodo turbolento, con una nazione alle prese con proteste, scioperi e la paura strisciante della rivoluzione russa del ’19.
La popolarità di Francis riaccende il cuore (a portafoglio) della cara Zelda che torna sui suoi passi. La coppia si sposa poco dopo e va a vivere nel Connecticut. Nello stesso anno il nostro pubblica una serie di storie che culminano nel racconto May Day il quale inaugura la cosiddetta “età del jazz”. In esso si intrecciano quattro storie, quella di un giovane ricco finito in miseria, di un ricco che resta tale, di un ricco che rinuncia alla ricchezza perché attratto da idee socialiste e di due reduci della guerra, poveri e spaesati in un Paese in preda a illusorie quanto inebrianti euforie.
A questo segue la raccolta Flappers and Philosophers (maschiette e filosofi), sullo stile cinico e leggero dedicato alla generazione egoista che vuole divertirsi senza troppe responsabilità. Del resto dopo la Grande Guerra, un momento di follia ci voleva.
E con la follia i Fitzgerald vanno a nozze. Casa loro diventa subito luogo d’incontro e di mondanità. La parola d’ordine è avanti il nuovo e via il vecchio. Nelle loro feste lo champagne scorre a fiumi così come il frusciante. Wall Street va che è una favola, i nuovi rampanti imprenditori comprano e vendono denaro come se ci fosse una svendita di scarpe.
Esce a puntate il romanzo Belli e Dannati. Già il titolo dice tutto. Tema centrale è il consumo sfrenato di beni di lusso, il ragtime, il fox-trot, i debiti che si accumulavano ad altri debiti…
Di lì a poco nasce Frances, la primogenita dei Fitzgerald, che coi nomi tanto bene non stanno perché la soprannominano Scottie tanto per aumentare la confusione. Nello stesso periodo viene pubblicata una nuova raccolta dal titolo: Racconti dell’età del jazz, che comprende anche il curioso caso di Benjamin Buttom.
La coppia più glamour del momento si trasferisce a Long Island che, non casualmente, diventerà lo scenario del suo più celebre romanzo, Il grande Gatsby.
Francis Scott Fitzgerald diviene subito lo scrittore simbolo di questa nuova generazione sbrilluccicosa, piena di estro e slancio verso la nuova era industriale. Ma il tenore di vita è decisamente alto, i due finiscono indebitati fino al collo, stranamente perdono carisma e amici. Per fare cassa, il nostro pubblica il romanzo: Il vegetale, o da presidente a postino ma risulta mediocre.
Meglio cambiare aria. Così partono per la Francia, nota meta da poveracci. Qui incontrano una coppia di ricchi, (ricchi veri) che li ospita in Costa Azzurra. Mentre il nostro si dedica alla stesura del suo capolavoro, Il Grande Gatsby, la moglie si innamora di un aviatore. Questo segna l’inizio della fine del loro rapporto. Seguono scenate, tentativi di suicidio (di lei), viaggi per tentare di salvare il salvabile, che vedono la coppia a Roma, poi Capri e di nuovo Parigi. Non male per degli squattrinati.
Quando esce Il grande Gatsby, (1925) l’accoglienza è tiepida, questo nonostante la forza suggestiva del racconto e la fotografia quasi scientifica della società del tempo. Probabilmente, influenzato da Conrad, Fitzgerald costruisce la figura di un narratore (Nick Carraway) che osserva a distanza, un po’ riluttante ma pronto a giudicare le vicende del romanzo. A ben vedere, pur immersi nella ricchezza e nella mondanità, i personaggi di Fitzgerald sono narcisisti perdenti, votati all’autodistruzione e alla solitudine.
Nonostante l’insuccesso Francis è di nuovo al lavoro. E intanto Zelda dà i primi segni di squilibrio mentale. Gli anni che seguono sono caotici e litigiosi. La coppia fa ping-pong con l’Europa senza un progetto preciso, Francis inizia a bere, prova la strada dello sceneggiatore ma non funziona. A Parigi, vengono raggiunti dalla notizia del crollo di Wall Street. L’epoca degli eccessi e del jazz è finita.
A Zelda viene diagnosticata la schizofrenia, questo porta la coppia a tornare negli Stati Uniti dove lei viene ricoverata in vari ospedali prima di finire a Baltimora e lui si dà definitivamente all’alcool.
Finalmente nel 1934 viene pubblicato Tenera è la notte, il lavoro più lungo e appassionato di Francis. Ma ottiene scarso successo e getta la famiglia sull’orlo della tanto temuta povertà. Ma i guai non arrivano mai soli: Zelda, che era tornata a casa, ha una brutta ricaduta e Francis viene colto da attacco di tubercolosi e ricoverato. Nonostante la prostrazione in cui vive, non rinuncia a scrivere.
Nel marzo del ’35 esce la sua quarta silloge di racconti, dal titolo Taps at Reveille.
Poco dopo, dalle colonne dell’Esquire, fornisce una testimonianza toccante, drammatica e candida del proprio fallimento citando l’alcolismo, la malattia di Zelda e gli insuccessi letterari. La serie di articoli vennero poi raccolti in un saggio dal titolo The Crack-Up. Purtroppo per lui, tanto candore in pasto ai coccodrilli fece una brutta fine. Nessuno accolse il suo grido disperato.
Ci volle l’amore di una donna, tale Sheilah Graham, per riprendere il controllo della sua vita.
Gli ultimi anni furono un poco più sereni; Francis ottiene di lavorare per la MGM come sceneggiatore riuscendo a lavorare a film quali Tre compari, Maria Antonietta, Via col vento.
Muore d’infarto il 21 dicembre 1940. La misura del suo cambiamento lo troviamo nelle ultime volontà: chiese un funerale semplice e senza sprechi.
A chi gli chiedeva dove trovava ispirazione per i suoi romanzi, rispondeva:
“Non faccio altro che vivere la vita che scrivo.” […] “Tutti i miei personaggi sono Scott Fitzgerald. Perfino quelli femminili sono la versione femminile di Scott Fitzgerald.”