Il ritratto di oggi è dedicato a Laura Ingalls Wilder (1867-1957)
Tutti certamente conoscono La casa nella prateria, fortunata serie televisiva ispirata ai libri di Laura Ingalls Wilder andata in onda dal 1974 al 1983 con milioni di repliche tutt’ora in circolazione. Pubblicati in piena recessione americana, i libri della Casetta, furono un successo mondiale che ebbe il pregio di ispirare intere generazioni di giovani e facendo dell’autrice, un’autentica Pioneer girl.
Sfido chiunque a non aver sospirato almeno una volta di fronte alla romantica vita di frontiera della famiglia Ingalls, così semplice e agreste e circondata dall’immensità della natura.
In realtà i fallimenti erano all’ordine del giorno, i sogni andavano conquistati con sangue, fatica e zero sprechi. Si faceva economia su tutto, pure sulle matite e sulla carta dei quaderni di scuola. I romanzi-diari di Laura hanno messo in luce la durezza e le asperità di una vita in perenne movimento alla ricerca del “posto giusto” dove vivere e dominare questa splendida natura. Del resto era una questione di vita o di morte. Letteralmente.
Ma andiamo con ordine e conosciamo meglio la famiglia Ingalls.
Laura nacque in una capanna nei grandi boschi del Wisconsin, non molto distante da un villaggio di nome Pepin. Seconda di quattro figli, ha sempre descritto la sua famiglia come allegra, di buon cuore e avventurosa. Suo padre, Charles, amava molto la terra e il contatto con la natura. Nei momenti liberi suonava il violino ed era un tipo alla mano e ridanciano. La madre, Caroline Quiner, era un’insegnante e rappresentava la quintessenza della dolcezza e della pazienza. Buon per lei e i suoi quattro figli.
Anche le sorelle non erano diverse da come appaiono nella serie TV. Mary, la più grande, era una donnina posata e molto intelligente. All’età di 14 anni divenne cieca, forse a causa della scarlattina o di un attacco ischemico, chi lo sa. Nonostante questo, ebbe una vita molto attiva, frequentò l’istituto Iowa Braille, dopo il diploma tornò a vivere con i genitori. Amava la lettura, il cucito e la musica, contrariamente alla serie televisiva, non si sposò mai.
La piccola Carrie, nata Caroline Celestia, fu anche lei molto attiva, e del resto ai tempi l’ozio era l’anticamera della miseria. Conclusi gli studi lavorò in un negozio di De Smet, ultima destinazione di questa peregrina famiglia, e contribuì a mantenere la madre e la sorella cieca. Dopo il matrimonio con un vedovo proprietario di una miniera, Carrie gestì anche un piccolo giornale a Keystone.
E arriviamo all’ultimogenita: Grace Pearl Ingalls, classe 1877. Nacque a Burr Oak, Iowa, ed è l’unica a ricordare poco e niente della vita nella prateria. Da adulta visse per lo più a Manchester a soli sette chilometri da De Smet.
E ora che abbiamo presentato la famiglia al completo, parliamo di Laura.
Non tutti sanno che decise di scrivere per mettere nero su bianco tutte le traversie della sua famiglia e tramandarle ai giovani per far loro conoscere i mutamenti di un’epoca che era stata soppiantata dalle comodità moderne. Lei stessa non si era mai abituata del tutto alla modernità: ad esempio rifiutò sempre di comprare un televisore.
E di avventure ne visse molte, grazie soprattutto all’Homestead Act, una legge promulgata da Lincoln nel 1862 che offriva 160 acri di “terra libera” ai coloni che vi avrebbero costruito e condotto una fattoria per almeno cinque anni. Con buona pace degli indiani.
Era il 1868 quando Pa vendette a una famiglia svedese la casa di Pepin per andare in Kansas dove, aiutato dal signor Edwards, (alzi la mano chi non si ricorda dell’uomo barbuto ma buono) edificò una casa e una scuderia.
Ma la piantagione non ebbe vita lunga. Gli indiani reclamavano la loro terra, e il governo degli Stati Uniti si mosse per restituirla. Eh sì, incredibile ma vero. Gli Ingalls, quindi, fecero fagotto e tornarono alla vecchia abitazione grazie al fatto che gli svedesi avevano cambiato idea e non pagavano. Roba da far west. Ma evidentemente Pa non aveva ancora deciso dove mettere radici e tre anni dopo ecco la famiglia ricaricare il carro e partire alla volta delle praterie del Minnesota dove si stabilirono a Walnut Grove.
Ma lo spirito irrequieto di Charles, e un raccolto fallito, li portò a trasferirsi per un paio d’anni a Burr Oak nell’Iowa e poi a De Smet, sud Dakota, meta finale della loro gita.
I primi anni, qui, furono tremendi, funestati dalla solitudine e dalle bufere di neve che interrompevano gli approvvigionamenti. Laura e famiglia patirono fame e freddo. Fu qui che Mary perse la vista. Laura scrive di questi anni difficili come un periodo in cui tutti cercavano semplicemente di sopravvivere.
A De Smet, mamma e papà Ingalls vissero per il resto della loro vita.
Ognuno aveva il suo bel daffare dato che ogni centesimo era santo e benedetto.
Laura, come tutte le ragazze Ingalls, amava gli studi ed era piuttosto brillante, ma i continui spostamenti della famiglia non avevano facilitato la sua formazione scolastica curata per lo più da mamma Caroline, difatti non si diplomò mai. Tuttavia, pur di contribuire all’economia di casa, studiò per diventare insegnante e, nel 1882, superò il test per ottenere il certificato di insegnamento.
In un paese ancora inesplorato, del resto, non si poteva andare troppo per il sottile con i “pezzi di carta”.
I suoi primi studenti si trovavano alla Bouchie School, in un grande camerone con classi miste e a 12 miglia da casa. Vista la distanza, i genitori chiesero ad un amico di famiglia di fare da tassista: il bel giovanotto si chiamava Almanzo Wilder che Laura chiamava affettuosamente Manly. Anche se tra nome e soprannome è un bel match.
Dopo un paio d’anni i due convolarono a nozze il 25 agosto del 1885 e, dato che non era consentito alle donne sposate di insegnare, Laura lasciò il lavoro per aiutare il marito nella sua grande fattoria.
Un anno dopo nacque Rose, la loro unica figlia.
Tutto rosa e fiori? Nemmeno per idea. La vita da pionieri può affascinarci mentre siamo comodamente seduti al calduccio delle nostre case, ma al tempo i coloni dovevano sgobbare non poco tra disagi e incertezza, per portare a casa la proverbiale pagnotta. E i Wilder non erano esenti dai dolori: Laura perse un figlio poco dopo la nascita, e questo non è menzionato in nessuno dei suoi libri. Entrambi, inoltre, contrassero la difterite che portò serie conseguenze nel fisico di Almanzo il quale rimase parzialmente paralizzato alle gambe e quindi sempre bisognoso di assistenza. Non era certo l’ideale per un contadino.
Infine, la bella casa costruita da Manly, andò a fuoco per un incendio divampato dalla cucina.
Dato che la malattia di Almanzo non arretrava fu consigliato alla coppia di trasferirsi in un luogo più mite: la Florida. Ma il richiamo della prateria era troppo forte anche per lui, e i nostri tornarono a De Smet dove Laura si impiegò come sarta guadagnando ben 100 dollari. Tutto il gruzzolo doveva servire per realizzare un altro sogno: quello di una fattoria nel Missouri dove, si diceva, la terra grondasse latte e miele. In realtà un lontano parente di Manly era tornato con una mela grossa, rossa e succosa. Quella mela decise dove la famiglia Wilder si sarebbe successivamente stabilita.
Fu così che l’estate del 1894 i Wilder si diressero a Mansfield, Missouri.
La sera prima della partenza il violino di Pa, cui Laura era particolarmente affezionata, suonò per lei un’ultima volta.
“Quando me ne sarò andato, quando l’ora giungerà,” le disse Pa “voglio che tu abbia il violino.”
Laura non avrebbe mai più rivisto i genitori.
Il dolore per la separazione venne compensato dall’acquisto di Ridge Farm per la cifra di 400 $, con annessi 400 alberi di mele.
La fattoria dei Wilder crebbe fino a diventare una rinomata azienda frutticola, avicola e famosa anche per la produzione di latticini. Dato che le cose giravano bene, i Wilder decisero di comprare un altro po’ di terra, una cosuccia da nulla… quaranta acri.
Il lavoro non mancava di sicuro e nei momenti liberi che fare? Riposarsi? Parola sconosciuta. Così Laura decise di scrivere le memorie di una Pioneer Girl ma il romanzo venne rifiutato da tutti gli editori. Rose intanto era cresciuta e aveva trovato lavoro come giornalista. Fu proprio lei a spronare la madre a non darsi per vinta. Così, Laura, rimise mano al testo e lo adattò per un pubblico più giovane. Ci lavorò dal 1910 al 1932, dimostrando tenacia e pazienza, perfettamente in linea con il carattere degli Ingalls. Quando venne pubblicato con il titolo La casetta nel grande bosco, fu un successo clamoroso.
A questo seguirono altre storie (La piccola casa nella prateria, Farmer Boy –dedicato alla vita di Almanzo – Sulle rive del Plum Creek, Sulle rive del lago d’argento, Il lungo inverno, Cittadina nella prateria e Questi felici anni d’oro) ognuna piena di aneddoti, curiosità, avventure che fecero di questa raccolta un’autentica saga familiare densa di buoni sentimenti ma anche situazioni cruenti che lei non riteneva adatte ai bambini: ad esempio, un uomo che si immola accidentalmente mentre è ubriaco o un violento incidente di un negoziante contro sua moglie, conclusosi con un incendio.
Laura completò l’ultimo libro della serie della “casetta” nel 1943, quando aveva 76 anni.
Mentre leggi le mie storie di molto tempo fa, spero che ricorderai che le cose che valgono davvero la pena e che ti daranno felicità sono le stesse di allora. Non sono le cose che hai che ti rendono felice. È amore e gentilezza e si aiutano a vicenda e semplicemente essere buoni.
I molti personaggi citati nei suoi romanzi sono esistiti davvero, alcuni però erano la somma di tre differenti persone, è il caso di Nellie Oleson che racchiudeva: Nellie Owens, Genevieve Masters, e Stella Gilbert. La Nellie de La piccola casa nella prateria è principalmente Gennie Masters, passata alla storia come la bambina più antipatica del globo. Bel primato.
1 commento
Brava!