Fantasy, detention, teen drama, dark comedy: partorita dalla mente di Tim Burton, la serie di Mercoledì è tante cose, ma avremmo voluto che fosse qualcosa di più
Volto cadaverico incorniciato da due treccine color pece, valorizzato da due occhioni cinici e sprezzanti. L’iconografia di Mercoledì Addams si è imposta al grande pubblico fin dalla sue prime apparizioni nelle strips di Charles Addams ed ha avuto una straordinaria fortuna, tanto che nei due film dedicati alla famiglia omonima fu Christina Ricci ad interpretare la piccola Addams.
Ora il testimone è passato a Jenna Ortega, assolutamente credibile e a suo agio nelle vesti monocromatiche del personaggio. Otto episodi, da 45 – 50 minuti l’uno, che raccontano l’arrivo di Mercoledì, figlia di Morticia (Catherine Zeta – Johns) e Gomez (Luis Guzman), al college Nevermore, un luogo che ospita i cosiddetti “reietti”, adolescenti caratterizzati da nature speciali: ci sono sirene, gorgoni, licantropi, vampiri, tutto l’immaginario dell’horror classico. Dopo tante espulsioni, Mercoledì si sente (forse) a suo agio, ma dovrà vedersela con una serie di omicidi che sconvolgono la locale cittadina di Jericho e la serena quotidianità del college.
Mercoledì è un progetto che risente fortemente dall’impronta data dai due sceneggiatori, Alfred Gough e Miles Millar (già fra i nomi degli autori di Smallville e The Shannara Chronicles), e che per questo ha ben poco del genio di Tim Burton. Il regista che si è imposto con cult come Edward mani di forbice o Batman non è che il prestanome di una serie che ispira il concept al mondo burtiano – tornano le scenografie gotiche con gargoyle, archi a sesto acuto, cornici lobate, i costumi a righe, le parti del corpo con punti di sutura – e qualche suggestione tematica –l’immancabile dualismo tra “normali” e “strani” che attraversa tutta la filmografia del regista -. Mancano quella lirica tenerezza, quella capacità di rendere coerente ciò che viene fatto vedere con il modo in cui si fa vedere, che ha sempre contraddistinto la poetica di Tim Burton.
Ma poco male, la serie è ben equilibrata e si dimostra all’altezza della sfida di tenere insieme vari generi cinetelevisivi. I personaggi e le situazioni fantasy si sposano con gli echi potteriani che ripropongono l’immaginario delle casate, dei professori strambi e dei tornei studenteschi; il registro da dark comedy, che trapela soprattutto dalle battute di Mercoledì, non risente delle sottotrame da teen drama che avvicina e allontana i personaggi creando dinamiche febbrili e intriganti, il tutto incorniciato da un meccanismo di detention che si scioglie solo nell’episodio finale, incollando lo spettatore allo schermo per la rivelazione conclusiva – inaspettata come in un giallo di Agatha Christie, per altro citata nel corso degli episodi -.

Burton si appassiona ai personaggi, li prende a cuore (cosa che non accadeva da un po’) e si diverte, seminando il percorso di gustosi omaggi ai suoi e ad altri film, soprattutto ai Batman e Batman Returns da lui stessi diretti – durante il torneo studentesco Mercoledì si veste con un costume che ricorda quello indossato da Michelle Pfeiffer per il personaggio di Catwoman – ma anche al Carrie – Lo sguardo di Satana di Brian De Palma – rammentiamo il bagno di sangue che conclude il ballo scolastico -.
Come in Miss Peregrine: la casa per ragazzi speciali torna l’interesse tematico rivolto ad adolescenti connotati da capacità straordinarie, tornano anche i mostri come in Vincent e i riferimenti alla letteratura di Edgar Allan Poe (che da sempre infarcisce l’immaginario creativo del regista), elementi che connotano la serie di un’aurea più mistery rispetto ad esempio a Le terrificanti avventure di Sabrina, dove la salsa teen era più esibita. A questo si aggiunge anche una vena più splatter che il cinema di Burton aveva accantonato almeno da Il mistero di Sleepy Hollow: arti squartati, ferite purulente e morti brutali scandiscono l’indagine della protagonista, arrestate solo dalla risoluzione del rompicapo. Alcuni brani di notevole visionarietà restano memorabili, come la sequenza in cui Mercoledì suona La Tempesta di Antonio Vivaldi col suo violoncello, immobile nel caos totale generato dal suo tentativo di far esplodere la statua del pellegrino fondatore di Jaricho.
Dulcis in fundo l’immancabile colonna sonora di Danny Elfman, sempre puntuale, sempre studiata, sempre al posto proprio e con quel che di fiabesco che colora in modo mai accessorio le trame di cui si occupa.
Jenna Ortega spicca per la sua capacità di aver inquadrato efficacemente il personaggio. Maniaca e fredda al punto giusto, monolitica nell’incedere, con quel roteare di occhi che regala sguardi omicidi tanto ai nemici che agli amici troppo invadenti; è stato veramente appagante vedere sullo schermo un’anti – eroina adolescente che non si rincoglionisce al primo batter di ciglia di una presenza machista. Ma nel complesso il cast è all’altezza, dalla lugubre Morticia di Catherine Zeta Jones all’espansiva Enid (Emma Myers), licantropo amica di Mercoledì, dalla magnetica Bianca (Joy Sunday) alla stramba professoressa Thornhill (Christina Ricci, vera guest star della serie) fino all’irresistibile cameo di Zio Fester (Fred Armisen).
Tutti personaggi che possono fecondare futuri e interessanti sviluppi, nuove prospettive narrative, tanto che si parla già in sordina della concreta possibilità di una seconda stagione.
Le forze messe in campo in Mercoledì sono molte, diverse e articolate. Certo, dopo il lancio del teaser, la presentazione al Lucca Comic&Games e il nome di Tim Burton come regista e produttore esecutivo ci si sarebbe aspettato qualcosa di più. E non parlo solo di una maggior attenzione ad alcuni dettagli della messinscena, come la CGI – pessima, senza giustificazioni da accampare – ma anche di un trattamento meno venduto ai trend della popolarità seriale.
In ogni caso Mercoledì è una serie brillante, che si lascia vedere da un pubblico molto variegato. Solo col tempo potremmo capire se valga veramente la pena portare avanti il progetto stand alone sulla beniamina degli Addams.