“Tu sei un imbecille. E questi, comunque, li si porta in tribunale!”
Guarda gli alberi. Guarda il viola dei rami, il blu delle foglie, fissati su ‘sta roba!
“Sì, va bene. Tieni gli occhi sulla strada, vai più veloce! Io, fra meno di dieci minuti, mi devo medicare, concentrati su questo.”
Una curva fatta male e siamo morti. Con una macchinina vecchia di cinquant’anni a fare i novanta, su per i tornanti, con il limite a sessanta, pare uno scioglilingua… Senti che manate dà al cambio ‘sta qua. Dai, dai, dai che sento le dita bruciarmi…
“Mio figlio è un cretino! Un cretino!”
“Cosa sbatti le mani sul volante, scema?! Oh, ma se dovevi fare queste scenate, potevi lasciarmi all’ospedale!”
Ora piglia male una curva, finiamo di sotto.
“Come ci tornavi a casa, Nunjé?! Con le mani imbalsamate! Puttana laida come li compravi i biglietti della metropolitana?! Guarda, ha preso a gocciolarti il sangue. Idiota! Li si denuncia, sì!”
“Mammaaa, la finisci?!”
“Ti dovevi fare otto chilometri a piedi, se non c’ero io intanto! Dieci minuti in più e non ti passavo a prendere… La prospettiva Pavaluvo sotto al sole, ti ci volevo vedere. Poi gli autobus, quelli li dovevi prendere per forza… Che se arrivano in tempo, come minimo prendono fuoco!”
Come la prende questa curva?! Concentrati sugli alberi. Ma che spettacolo di esseri che sono gli alberi. Ho le punte delle dita che vanno a fuoco, cazzo, cazzo!
“Io non ho ancora capito come hanno fatto ad avvelenarti le mani. Me lo vuoi dire?!”
Guarda che roba questi tronchi, che colore, le radici. Le radici. Concentrati sulle radici. Sono enormi queste radici, cazzo sono grosse come tubi di scappamento, tutte attorcigliate. Un mare in tempesta ma invece delle onde ci sono le radici! Che storia!
“Sai che io adoro questi boschi?! Sai che la pigmentazione viola delle nostre Mavine è determinata da un batterio che si trova solo-”
“Nunje, non me ne può fregar di meno. Ti piacciono gli alberi?! Vai a fare il boscaiolo. Ci siamo quasi al cimitero, vorrei sapere come ti hanno avvelenato le mani prima di essere là.”
“Mi ci potevi portare a casa però.”
“No! Mi ci volevano quaranta minuti, testa di cazzo e l’incontro al cimitero, ce l’ho adesso, ce l’avevo cinque minuti fa, mi stai pure facendo fare tardi. Chiamami sempre all’ultimo, mi raccomando. Due minuti e ci siamo e ti medico io. Ed è importante questo incontro… Guarda che roba! Mio dio! Il sangue sul tappetino…”
Un’altra delle sue manate al cambio. Le rimarrà in mano il pomello di plastica nel giro di due o tre cambi di marcia. Come lo prendi questo tornante, mamma?!
“A trovarlo ci sono venuto qualche volta, con la lambretta… Non mi dire ogni cinque minuti quanto manca, lo so dov’è il cimitero.”
“La lambretta dov’è?”
“Mamma, ma ce la fai?! È tipo la terza volta che me lo chiedi. All’ospedale.”
“Ti ha portato il tuo fotografo?”
“No, l’assistente.”
“In lambretta?!” Ora lo stacca il cambio, un’altra manata e lo stacca!
“No, ero con la macchina dell’assistente. Il tecnico delle luci mi ha preso la lambretta, lui è tornato in metro.”
“L’agenzia più premurosa di tutta Garmago! Una capitale che ha ancora un po’ di umanità! Poi ti fanno fare servizi fotografici dove ti avvelenano, però, vabbe’, oh, non si può avere tutto! Potevi studiare… Ti facevi il culo sui libri, poi il praticantato, poi… No, a fare il fotomodello si fanno più soldi! Nell’immediato ne hai fatti. Ora ne prendi pochi e ti avvelenano le mani. Bello, alto, con gli occhi azzurri… e scemo… Che novità!”
“Disse quella intelligente che andava in giro con un’auto giallo canarino con i finestrini a manovella e che non fa i cento!… E che aveva un appuntamento di lavoro al cimitero.”
“Non è lavoro…” Perché ha inchiodato?!
“Che è successo adesso?!”
“Dimmi che non ti hanno fatto fare un servizio con un ragno di Burlav… A cui non hanno tolto il veleno…” Ora che ti dico?!
“No, mamma.”
“Perché hai così tanta fretta?! Mi hai detto che è una cosa risolvibile, lo sai che se è quel ragno lì, sono cazzi, vero?!” Tu devi avere qualche problemino… Ma non vedi che le bende stanno grondando?! Non lo capisci da sola?!
“Mamma, muoviamoci.”
“Ti hanno dato l’acido, farmaci, tutto?!”
“Devo mettere il tutto nell’acqua.”
“Calda?”
“No.”
“Se era un ragno di Burlav, smuovo mezzo tribunale, ce li ancora tutti i contatti.”
“Non denunceremo nessuno.” Oh, eccolo, eccolo il cimitero, viva a dio!… Ficco le mani nell’acqua! Non ce la faccio più! “Parcheggia qui!” Perché fa giri in tondo? Ma è pieno di posti liberi, cazzo, fermati da qualche parte.
“Mamma! Parcheggi?!”
“Sì!” Sì, e inchioda! Tu sei fuori di testa, mamma, sei partita!
“Fammi vedere ‘ste cazzo di mani. Potevi essere a fare diritto dell’impresa adesso, saresti al secondo anno, al terzo, non lo so a che cazzo di anno saresti, ma staresti studiano! Imbecille!… No, io ho gli occhi belli, io sono figo, sono fotomodello. Bravo!”
“Piano, piano, con le bende.” Ora svengo dal dolore, giuro che svengo.
“Mio dio, dove le mettiamo in ammollo queste mani, adesso?! Per fortuna non ci vuole l’acqua calda.”
“Fredda, il medico mi ha detto fredda.” Svengo.
“Sbrigati, andiamo subito dentro, c’è una fontanella vicino alla tomba del nonno.”
La donna e il ragazzo si lasciano l’auto alle spalle – un sacchetto di lamiere leggero, con ruotine piccole, quattro occhi di topo – e affrontano, con le bende, i flaconi, le siringhe la nuvolata colorata di tombe che si addensano caleidoscopicamente le une sulle altre. Rosso, le forze armate: le più scure i gradi più alti, svettano forsennate, a volte incoronate con statuette, polene stanche – senza navi, solo monoliti statici da scalare – una ha un albero di marmo rosso scuro con foglie d’oro. Il rosso scolorito, sbiancato? Polizia e carabinieri: pallide arrossiscono graniti timidi, osano saluti militari con statue stempiate. Il ragazzo si accieca con il sole carambolato su un altisonante mitra d’alabastro rosa: la lapide di un vigile urbano. Giallo sono i banchieri, quello più bianco i bancari. L’arancione? Gli agenti di borsa: chi ha fatto i soldi per davvero pare rosso quasi. Ecco il verde dei medici spunta fitto in una foresta di pietra dai tratti squadrati: un grande monolite è dedicato a un immunologo di prim’ordine morto tre anni prima di questa corsa forsennata dei due verso quella fontanella in marmo bianchissimo, vicino ai muri di marmo nero dove hanno rintanato tutte le urne di quei morti di fame che una vera tomba se la sognano, poveracci! Intanto il bosco blu saltella da dietro le mura, scherzoso con i rami, le foglie che fanno “ciao” al frusciare del vento.
“E ora come la tappiamo la fontana, mamma? Ma poi l’acqua esce!”
“Chissene frega!”
“No. Le medicine fanno effetto solo-”
“Le medicine fanno effetto comunque!”
“Ascolatmi. Mi serve per forza una bacinella. Per forza! Mamma, no, fermati, non puoi tappare il buco con la sciarpa… Poi anche se lo tappassi, si diluirebbero completamente, l’acqua esce, è tutto un casino… Non puoi… Bisogna sciogliere le me-”
“Sdrisia!” Oh, t’hanno chiamato Mamma, girati, parla con chi devi, levati dai coglioni che ora me la sbrigo io in qualche modo…
Silenzio, le due donne si guardano, il ragazzo le fissa, mani sotto l’acqua, si sente meglio. Cazzo, finalmente! Sangue dispettoso scende dalle punte delle dita sporcando cadenzatamente il marmo lucido della fontanella.
“E quanti anni ha questo fusto qui, questo tronco di figliolo… Ma che ha fatto?!”
“Eh, a lavoro! A fare i servizi fotografici con gli animali velenosi per quattro soldi.”
“E lo hanno dimesso così?! Non ho parole. Ma dalla polizia ci siete già andati spero!”
“Macché andare dalla polizia, lo hanno caricato sulla lambretta e lo hanno spedito all’ospedale. Neanche li vuole denunciare. Roba da matti. Come stai?”
“No, aspetta… Quanti anni hai?”
“Ha vent’anni tondi lo scemo, vediamo se ci arriva a trenta. Sempre che non gli facciano fare servizi con pitoni e boa… Studia, no, lui voleva lavorare. Eccotelo!”
“Mammaaa! Finiscila! Mi prendi una bacinella?! Ti levi dalle palle?!”
“Vabbene, sì. Scusami. Puoi, aspettare… tipo, due minuti, vado e torno? Gli serve una bacinella, non so… Ci metto poco.”
“Ma figurati!”
Silenzio, ma breve. Il ragazzo le sorride, la donna lo ricambia.
“Che hai combinato di preciso?”
“Ma niente…”
“Non mi sembra niente. Guarda che… e anzi! Anzi! Mi pare grave invece. Che animale era?”
“Un carino e simpatico Burlavesco viola, guarda qui, puttana cagna laida!”
“Stai scherzando, spero! Sono tutti impazziti oggidì.”
“Mi avevano detto che era senza veleno. Lo dovevo solo tenere in mano di fronte all’obbiettivo. Due secondi.”
“Ed è anche riuscito a pungerti su tutte e due le mani! Ma fin dove ce l’hai l’infezione? Fa vedere, no, tranquillo, non tocco. Brutta storia…”
“Le escoriazioni ce l’ho fino ai palmi, mi ha punto due volte sulla destra e una volta sulla sinistra, sull’anulare. Io lo dicevo che mi aveva fatto male, ma loro dicevano che era senza veleno, di stare in posa, stare fermo e io che dovevo fare?!”
“Vanno denunciati subito.”
“No, no, no, grazie per l’interessamento, non se ne parla! Abbiamo già troppi problemi! Poi sai come finiscono queste cose!”
“No, non lo so.”
“Che loro sono il gruppo IntraMedia e io sono Nunjé. La legge è uguale per tutti se sei uno come loro. E fanno anche bene… Puttana troia che male!”
“Fanno bene a fare cosa?… Non ci pensare alle mani, parlami che ti distrai.”
“Io li voglio fare i soldi. Io li capisco quelli che… Aia, cazzo! Brucia tantissimo… Ma scusa, se tu avessi i soldi, non faresti di tutto per metterlo in quel posto agli altri?! Scusa il linguaggio.”
“Oh no, tranquillo, non mi inquieta come lo dici. Mi inquieta ciò che dici. Sai, detto da uno che ha i soldi è comprensibile, discutibile, ma comprensibile ma… tua madre vende contratti con domiciliazione bancaria per società di gas e luce via telefono, no?! Fa chiamate a freddo… E tu… Ma tu spiegami, vuoi davvero fare i soldi facendo il modello?!”
“C’è un mio amico che stava sotto di noi, noi abitiamo… hai presente i complessi, i casermoni vicino la tangenziale esse uno? Quelli vecchi vecchi, quelli del primo piano popolare… Non sono brutti come quei casermoni lì, eh, i nostri edifici! Li hanno costruiti dieci anni fa… Non abbiamo un grattacielo in centro, ma è carina la nostra casetta.”
La donna guarda il sangue e scuote la testa.
“Un trilocale… No, e niente, questo mio amico stava sotto di noi, ha fatto soldi a pacchi proprio, ma ora ha un attico in centro e lui stava in uno di quei casermoni. Invece ora sta in un attico. Di quelli con le vetrate che hanno i vetri che si illuminano, con le pubblicità. Non ha le tapparelle, no, no, sbatte le mani e i vetri cambiano di colpo, diventano bui, neri insomma. Finché non me l’ha fatto vedere, non ci ho creduto.”
“Senti, ma prima che torni mamma, lei, no… come sta? Che le è successo?”
“In che senso?!”
Sul volto della donna un’espressione: occhi che fissano, bocca serrata, i tagli degli zigomi scendono giù con un cascare livido. Il ragazzo fissa la donna.
“Lo sai che tua mamma sta male?”
“In che senso?”
“Mentalmente, dico. Lo so che non è il momento… ma magari se apri gli occhi…”
“Ma no! Ma figurati! È un po’ sclerata. Lei vuole mandarmi per forza all’università. Ora con tutte queste scuole private sta provando a mettere via i soldi per iscrivermi. Io le ho detto che non voglio fare legge. Io il legalese lo odio, cioé… Io quando leggo “comma” per la terza volta in due righe, ho i conati… Ci ho provato eh… Sta lavorando sodo, non la pagano, cioè, non la pagano a dovere… Poi si sente in colpa coi clienti, quanti ghirigori deve fare per inchiappettare le persone al telefono… Poi torna a casa e piange e ha i sensi di colpa… Io le dico: ‘ma cosa piangi, fanno bene! Tutti lavorano per metterlo in quel posto agli altri e allora?’ Lei non vuole che io lavori. Tutto qui. Sta cercando di spremersi per convincermi a fare l’università ma poi per cosa?! Ti laurei e poi? Sai quanti avvocati ci sono in giro?! Io lavoro come fotomodello, guadagno, non tanto quanto prima, ma è solo una fase. Loro stanno dando credito ad altri ragazzi ma… Cazzo, stanno iniziando a bruciare di nuovo! Io le perdo le dita, le dita le perdo, me lo sento.”
“No che non le perdi, tienile sotto l’acqua, così… bravo, ora arriva, stai calmo… Stai iniziando a sudare, ma è normale. Quando ti hanno punto?”
“Sei ore fa, quattro ore le ho passate al pronto soccorso.”
“Questo è un veleno che ti manda in cancrena i tessuti se non ci fai nulla. Prima sanguinano, poi il sangue ti si secca, poi le croste ti si necrotizzano, è una cosa tremenda… Però, ecco, è vero, diciamolo, se presa in tempo, e la stiamo prendendo in tempo, si risolve tutto… La cosa che mi sorprende è che tu non li voglia denunciare.”
“Non so com’è che è andata, cioè… non ha proprio senso. Mi avevano garantito che era senza velen-”
“Te lo dico io: di coglioni è pieno il mondo e di coglioni che non hanno voglia di lavorare anche… Quello in cui sei entrato è un giro infame e tu sei un ragazzo bellissimo, non dico il contrario ma… Punto primo, vediamo come si riprendono le tue mani, su questo sarò schietta. Un fotomodello con le mani brutte… Dubito che ti facciano fare ogni servizio con i guanti. E perderle, non le perderai, però normali non ti tornano, fidati… Eh, lo so, scuoti pure la testa ma così stanno le cose. Punto secondo, se mi dici così, che danno credito ad altri ragazzi, sei già fuori dal giro… Forse, iscriversi all’università… Non è un’idea così peregrina, cosa ne pensi?!”
“Io legge non la voglio studiare!”
“Fai altro… Cosa ti piace?”
Il ragazzo ci pensa sul serio, forse per la prima volta, e vede con i suoi occhi quella sagoma che conosce bene. Dimmi che è lei! Li aguzza – non vede un granché, dovrebbe portare gli occhiali, ma con gli occhiali gli hanno detto che sta peggio e lui odia le lenti a contatto – sì, è la sagoma di quella donna: il passo è una firma indelebile che le sagome delle persone si portano dentro. La donna sta camminando spedita, corre fra le lapidi, onde di colori che si rifrangono.
“Botanica. Mi è sempre piaciuta un casino la botanica. Comunque mia madre non sta male di cervello, sia chiaro.”
“Va bene. Non lo sai come sta tua madre, non lo hai realizzato, ma, oggi per te sarà anche una giornata tosta… E però, è bene che tu lo capisca come sta tua madre. Ascoltaci bene…”
“Leva, fammi riempire! Ho trovato dopo due ore questo secchio, cercavo il custode ma non si trova nessuno. Ho il fiatone, mamma mia… Va bene, così va bene l’acqua? No? Che dite? Dammi l’acido e l’altra roba. Mi hai detto metà flacone dell’acido… Poi, questo e… Va bene… Tanto così? Sì, tanto così. Anche questo… tanto così! Questo l’IntraFar? Metà, anzi… abbondiamo va. Oh, ci siamo. Dai, vai, ficca le mani qua dentro e aspettami qui che io mostro una cosa alla signora avvocata.”
“No, non mi devi mostrare niente, grazie.”
“Tu devi vedere la tomba di mio padre, è una cosa strepitosa!”
“Sdrisia… Non puoi vendere la tomba di tuo padre.”
“Cosa volevi fare, mamma?!”
Silenzio.
“Ma ascoltami, tuo marito è della stessa casta e grado civile di mio padre.”
“Le caste non ci sono più. Poi… Mio marito starà male, ma non così tanto!”
“Ascoltami, puoi comprare il posto in anticipo, la lapide, tutto, per metà del prezzo di quello che abbiamo dovuto pagarlo noi per legge. Non ci rimetto così tanto e tu hai una tomba alla metà del prezzo. Devi cambiare solo le lettere del nome, sarebbe perfetta per tuo marito…”
“E tuo padre?”
“Sì, e il nonno mamma?!”
“Mio padre lo cremiamo. Ho speso l’ira di dio per questa tomba di… Vabbe’ io-”
“Quindi fammi capire: compri un altro posto al cimitero?! Cioè, ti prendi metà dei soldi che hai sganciato la prima volta, per poi comprare un altro posto al cimitero, che come minimo, ti costa l’ira di dio un’altra volta, di più di quanto te l’ho pagato io, perché poi quelli del cimitero dicono: guarda che tu avevi già un posto, quindi adesso questo qui, anche se è sul muro, ti facciamo pagare il doppio del…”
“No! Non hai capito! Io lo tengo in casa mio padre!”
“Allora… Punto primo: non è legale comprare, rivendere, vendere tombe in generale. Punto secondo: non è legale tenere l’urna a casa… Punt-”
“Vuoteremo le ceneri da qualche parte.”
“Dove Sdrisia?! Che è pure peggio! Legalmente parlando. Dove?”
“Non lo so. Qui, nel bosco, dove vuoi. Giù da un cazzo di cavalcavia! Che ti devo dire?!”
La donna ha gli occhi quasi fuori dalle orbite, l’altra la tiene per le spalle, il ragazzo guarda in silenzio, le mani dentro la bacinella perdono sangue.
“Sdrisia, ragiona… Per favore.”
“Perché sei venuta, se non vuoi comprarti la… Tu, puttana laida, sei diventata avvocata! Tu! Sono io la stronza che ha dovuto mollare tutto all’ultimo. Solo le cartoline per le feste mi inviavi, con le foto di tuo marito. Tuo marito è un magistrato, ma viene anche lui da famiglie povere. Sono colori rari da piazzare al cimitero, te le fanno pagare… Tu non lo sai, ma… se avrai sfortuna con Madur ci passerai… Io ci ho speso metà dell’eredità, che se poi non fai una bella tomba, la gente lo sa, la gente ti lincia, la gente è stronza… Guarda, è quella lì, quel monolite blu, senza niente… Sei una persona sobria, lo sarà anche tuo marito! Non dovete fare tutto da capo! Metà, ti chiedo metà! Alla gente non gliene frega niente di cosa fai dopo con la tomba, la cosa importante è che te la compri. Io comprata, l’ho comprata e ora la rivendo.”
“Ma non puoi farlo! Il suolo è del cimitero, come fai a-”
“Quella storia me la sbrigo io, io conosco il coso… il… Il proprietario del suolo… il…”
“Conosci il capo di gabinetto dell’amministrazione cimiteriale, di questo cimitero?”
“No… Di un altro a due chilometri da qui… Cioè, lo conosco… Gli ho venduto un contratto del gas, abbiamo parlato del suo lavoro… Sai che li devi sciogliere i clienti quando ci parli, far domande, su domande. Mi ha detto lui che un amico suo lo ha fatto…”
“Perché è suo amico. Chi amministra i cimiteri normalmente gestisce un giro del fumo che tu non stai neanche lontanamente immaginando. Le caste non ci sono più, sì, ma al cimitero ci sono ancora e tutti i soldi che fanno, in nero, su questa roba neanche te l’immagini. C’è un mio amico procuratore che ha pensato bene di… Lascia stare, ha passato un brutto periodo quando ha provato ad aprire un’inchiesta su uno di loro. Ma tu non lo sai ma hanno cremato un cane con una persona in un cimitero a dieci chilometri da qui, perché la famiglia era rimasta delusa dal posto che avevano assegnato al loro parente sulla parete. Quando è morto… Lo hanno cremato con un cane. Un cane! E glielo hanno detto poi, capisci?! Cioè, ma hai capito di… con che razza di persone dobbiamo avere a che fare?! A me è venuta la psoriasi a forza di leggere di casi in tribunale… Non hanno potuto fare niente questi eh… Hanno buttato giù il boccone. Sdrisia, lascia perdere.”
“Ho dovuto comprare la tomba più modesta che avevano… Mi hanno mandato in rovina e c’ero già… Ma… Ascoltami, non fare ‘no’ con la testa. Io non ci rimetto così tanto… La prendi adesso per… Tuo marito cos’ha? Dico di salute, cos’ha? Avevo saputo che sta male…”
“Come sei premurosa! No, tu hai saputo dall’avvocato di fronte al mio ufficio con cui sei pappa e ciccia che lui deve fare un’operazione… E, guarda, sarò onesta, io e mio marito stiamo vivendo un momento di difficoltà in questo senso, ma economica. Sì, è vero, lo so, siamo magistrati. Ma lo hai visto con tuo padre cosa sono gli ospedali… Quando era pubblica tutti a dirne merda, ora… Vabbe’! Mio marito si è guadagnato un bel problemino alla schiena, tutto qui, a forza di stare seduto, nulla di più. Perché sarà magistrato, ma lo è diventato mangiando polvere perché veniva dalla campagna, e quindi, magistrato, magistrato, lo hanno sempre tenuto in archivio dalla mattina alla sera a fare il lavoro noioso. Vent’anni seduto su quelle sedie tremende degli archivi di stato… Ora vogliono che sborsiamo una valanga di soldi per un’operazioncina che… E la sala, e le luci, e i chirurghi laureati in culo ai lupi! Andate a morire ammazzati dico io! E invece no, vogliono i soldi… E se li prendono eh! Perché ormai la poca sanità pubblica che c’è, se la sono mangiata. Vatti a far operare dal pubblico ora che il privato si è preso i migliori! Mi è venuto uno sfogo… Guarda, tutti i santi che abbiamo lanciato quando abbiamo visto il preventivo, me li ricordo io e Madur… Però, così è… Tu ti sei dissanguata con tuo padre. Mi ricordo che stavi scegliendo che tesi fare quando hai saputo che aveva il morbo di-”
“Non chiamarlo morbo. È una malattia. Sì, gli è venuta fuori a lavoro anche a lui.”
“A fare il magistrato? Ma cosa dici?!”
“L’inchiostro che usavano aveva una roba strana, tossica. Lui era un pasticcione, era sempre a cambiare gli affarini per l’inchiostro delle macchine da scrivere… Mio padre aveva il vizio di mangiarsi le unghie. Se le è mangiate per anni. E poi… mentre mi stavo per laureare io, che bel regalino che mi ha fatto?!”
“Sei stata una santa.”
“Avrei preferito essere un’avvocata. Ma scusa, se non sei interessata, perché diavolo sei qui?! Cosa mi fai perdere tempo?! Volevi vedermi? Si prendeva un aperitivo in centro…”
“Sdrisia, non ho tempo, me lo sono preso perché… Tu ti dimentichi le cose! Mi hai già fatto questo discorso, al telefono, tre volte. Tre volte mi hai chiamato, tre volte abbiamo fatto la stessa conversazione, dove ti dicevo che non volevo venire, che non ero interessata. Alla terza volta mi sono preoccupata e sono venuta… Come stanno le mani?”
Il ragazzo rimane fermo, non risponde, non lo sa, la donna rimane ferma, flaconi in mano, l’altra guarda il ragazzo e sorride: ha capito che ha le parole piantate in gola, sono bocconi grossi le parole a volte, lei lo sa e gli leva l’impiccio di rispondere usando parole. Lo so, le parole sono bocconi grossi a volte.
“Ragazzo, te lo dico di fronte a tua madre, avevo una vista perfetta quando studiavamo insieme. Me la sono preservata fino all’università. Ora non vedo più niente. Leggere tutti quei “comma” di cui parlavamo prima, mi ha levato diottrie su diottrie. Fidati, lasciatelo dire in questo tempio del denaro, che una di queste lapidi vale una casa… Trovati un lavoro che non ti rovini. Io devo andare Sdrisia. Fuggo, che mi sono trovata un ritaglio di tempo proprio perché ti voglio bene, anche se quando si tratta di soldi non guardi in faccia a nessuno… Ma come biasimarti?! Scusami se non ci sono stata in questi anni, ma… Sai com’è, lo sai… Me lo hai detto… Tu stai otto ore al telefono, cinque giorni alla settimana, gli altri due ripulisci casa… Tuo figlio non lo vedi mai… Vi prego, trovate un po’ di tempo per stare insieme, lo dico da amica. Vi farebbe bene, lui capirebbe tanto della persona che sei, che mi sa che non lo ha capito. E tu capiresti lui. Ritrovatevi, fatelo per me. Dai, fuggo. Ciao che alle sei ho un cliente. Ciao.”
I due, immobili, vedono la donna sparire – abito nero, lungo, elegante – fra le tombe che sbadigliano colori sotto il sole che si fa stanco.
“Era una delle migliori lei. E, sai, anche io me la cavavo…”
“Mamma, senti… Io sono stato via tanto da quando è morto il nonno… tu… Tu come stai?”
“Io sto bene, le tue mani?” Quanto tempo è che non so come stai?!
“Le mie mani stanno. Sanguinano, ma un po’ meglio… Forse… Aia… No, non stanno bene.” Cazzo, però, perché ti dimentichi le cose, mannaggia a te?!
“Cinque minuti e cambiamo l’acqua… Ci sei mai venuto di notte qui?” Eppure, mi sembri così sveglia.
“No, tu?”
“Io ci sono rimasta piantata con l’auto, mi sono venuti a prendere la mattina dopo perché il carro-attrezzi non rispondeva. Ho chiamato il numero verde una cinquantina di volte.”
“Non potevi chiamare me? Venivo con la lambretta.”
“Non ci sentivamo da due mesi, eri tutto contento che ti avevano mandato dall’altra parte del mondo a fare un servizio nudo, sulla spiaggia. Quando ho visto quelle foto sono sbiancata.”
I due ridono, la donna piange anche, lacrime che scendono, è nervosa. Ma in fondo anche il ragazzo piange. I due ridono.
“Be’, ti sorprenderà saperlo, ma di notte, tengono tutto illuminato con dei faretti che fanno brillare le lapidi…”
“Ma davvero?!”
“Ma che senso ha mi chiedo io… Tieni le mani dentro…”
“Due secondi fuori… Mi fanno male.”
“Lo so, ma ti fanno male anche fuori, tienile dentro… Concentrati su altro.”
“Comunque secondo me ha senso, cioè… dev’essere stupendo!”
“Ma no! La gente è lontana una cinquantina di chilometri. Vicino ai cimiteri non puoi avere né case, né locali… Chi lo viene a vedere?! I morti son morti, i vivi son fuori… Mi spieghi che senso ha?! Sprechi energia.” Hai ragione. Tu non stai male. Sei sveglia. Non stai male.
“Tu dici che ce la facciamo a mettere via i soldi per entrare a botanica?”
“Botanica? Vuoi diventare un enologo? Per farti sfruttare sulle colline di Burlav per pochi spiccioli?”
“Dici che non ha senso?”
“Piglia quel pezzo di carta Nunjé. Piglialo.”