E ti ci sei sradicato da dentro quella taverna! Eccoti! Grasso peggio di un ulivo secolare! Un tronco storto sei! E non sei saldo su quei piedi, no! Guardati! Ubriaco fradicio! Ti fermi ora?! Ah, guardi le stelle! Ecco che alzi le braccia… Mi guardi?! Dai, parla! Disperdi un po’ di fiato da quella bocca, così mi impesti di alcol le foglie!
“Oh giovane albero!” Sono un faggio! E lo sai anche!
“Ma… Ma lo sai che sei proprio…” E ti sei bloccato… Corri a casa, va! A me il febbraio ventoso mi fa solo il solletico sulla corteccia… La condensa che perdi esala fin qui, sulle foglie più altre tra un po’! A ubriacarti con ‘sta gente passi la serata e poi, eccoti qui! Con il taverniere che scommette sul tuo decesso un giorno sì e l’altro pure! Tutti scommettono! Prima sugli incontri clandestini e poi su di te! E tu che ci ritorni!… Ecco che ti avvicini! Non mi abbracciare! Nooo! Oddio, ecco fatto! Ora che stringi il mio tronco ti senti meglio?! Mi hai scambiato per una femmina della tua specie?!
“Sei proprio bello, tu, albero, così giovane. Il mio giovane faggio. Il mio… il mio giovane, faggio, un po’ bambino!” Senti qua! Mi stai alitando la panna, il radicchio e il vino sul tronco… Vattene a casa! Sbrigati! C’è freddo, sei ubriaco! Aspetta! Psss… Luce! Oh! Luce! Io sento il fiato sulle foglie! Ti dico che questo russa! Sta russando! Si è addormentato! Sfarfalla un po’!
Lo vedo. Gli sto illuminando il volto: sorride a scemo. Questo senza di me accesa sul comodino non dorme. So che faccia ha quando russa: occhi serrati; la bocca pare una riga nera; le guance cadono giù livide, nonostante gonfie di grasso. Se sorride, non dorme!
Mi alita sul tronco con una cadenza… Lo sento! Si è addormentato, ti dico! Ora gli tiro uno scappellotto con un ramo se ci riesco! Sfarfalla un po’! Fai i tuoi giochetti tuo, buio, luce, buio, luce, vai!
Tranquillo! Stai tranquillo! Ti abbraccerà per due minuti, poi si staccherà. Su fino alla fine della strada, trecento ventisei metri, ponte sulla sinistra, sulla destra il vialetto. Avrà abbracciato il platano e il pino, sicuro. Buche permettendo, lo seguirò fino al cancelletto di casa! Là scorro dentro dei lampioncini comodi, vecchiotti. L’armatura è carina, sai? Quadrata, di un vetro che mi trattiene un po’. Lo illumino a malapena, ma lo illumino quando cammina in quel vialetto. Mi piace illuminare là, quella stradina di casa sua: altri duecento metri ed è arrivato!
Bah, ti dico che russa questo!
“Piccolo, giovane faggio, solo tu mi vuoi bene!”
Quando apre le labbra così per dire cose che hanno un capo e una coda, non dorme. A volte parla di quando faceva l’accalappia cani, ma sono incubi! In quella casa di quarantatré metri quadrati, ci ritorna sempre! Domani dipingerà su una delle sue tele di mezzo metro per venti, che fulminato!
Sta cascando verso sinistra questo, sul mio tronco!
Sì, lo vedo. Secondo me ora si leva di lì. Sai che c’è una stanza di casa sua che non illumino mai?! Lì, è sempre bruciato il filamento dentro il bulbo, io aspetto di sentire che lo cambia e illuminare anche lì… Preferisce il marasma alla funzionalità! La luce, lì, non ci arriva neanche di giorno… Sì, non può addormentarsi ubriaco, qui… E guarda, non dovrebbe neanche sognarselo l’alcol! Il dottore gliel’ha detto! Io assistevo alla visita da tre punti: trasparivo dalla lastra, mi proiettavo dal neon e da una lampadina accesa sulla scrivania… Con tre punti ho la certezza matematica di ogni singola parola. Il medico ha articolato labbra e lingua dicendo: ‘più di due bicchieri di rosso alla settimana e lei ci rimane secco entro la fine dell’anno. Guardi che non scherzo! Lei è malato!’… Ecco, hai visto?! Via da quel tronco bianchiccio, su! E tu, alberello ansiogeno che non sei altro, che ti preoccupavi tanto!
“Ciao, bel faggio! Vado a casa!” Vai, corri! Scemo di un pittore matto accalappia cani! Oh, seguilo eh! Mi raccomando! Illuminalo bene che questo inciampa, sviene, si addormenta e ciao!
Quanto sei drammatico! Lo accompagno, lo accompagno! Lampione dopo lampione, ce la facciamo! Sono ventotto! Lampione numero uno!
“Ciao lampione!” Ecco che ridi, ma hai perso un dente?!
“Ciao altro lampione!” Non li vedo i tuoi denti, se non sorridi. Fermati un po’!
“Ciao altro…” Inutile che saluti tutti i lampioni. L’illuminazione è una, sono una io! Meno braccia che sbracciano, fila a casa! Al massimo fammi un sorriso.
“Mi hanno picchiato, lampione!” Eh, sì, il livido sul labbro è visibile. Attento alla buca! Nooo, non ti fermare a guardare il fiume che ti ci perdi! Ci rimani due ore a fissarlo! Bravo, lampione numero sei. Supera l’altro lampione, numero sette. Ecco che ti fermi, giri la testa di pochi gradi, guardi me?! No?! Guardi il cielo! Mh… Momento stelle. Dai, guarda le stelle. Bravo, indicale.
“Io dipingo solo alberi e i lampioni, le lampadine, i cosi delle lastre del medico, e gli alberi.” Sì, lo so.
“E le lampadine!” Sì, lo so.
“E… tutte le cose con…” Sì, l’abbiamo capito.
“Ma le stelle non le ho mai dipinte, perché…” Sono troppo belle. Me lo hai già detto, fila a casa… Oh, sembra che tu mi stia a sentire oggi, tutto quel che ti dico lo fai. Neanche finisci gli sproloqui, tanto sei ubriaco!
“Ciao lampione!” Ciao!
“Ciao altro lampione!” Bravo ridi da solo. Ridi. Vai. Un altro passo. Bravo, illumino la strada, guarda i sassi, testa china, guarda dove vai, illumino tutto eh! Le vedi le buche nello sterrato?! Le illumino benissimo! Si vede tutto! No, non guardare di là dal muretto, il fiume che scorre non ti interessa. Bravo, riprendi a camminare. Ecco, ecco, un altro, lampione. Un altro passo.
“Ciao lampione numero… numero non lo so!” Attento alla buca! Attento alla buca ti ho det… Ecco fatto… E ora?! Cazzo, ci aveva ragione il faggio!
Oh pittore! Oh scemo! La faccia per terra hai messo?! Una settimana sì e l’altra pure ci finisci per terra eh! Ma stavolta non so se ti rialzi! Eri magro un tempo! Scattavi con il tuo capestro! Un cane, un altro! E ripulivi la città! Eri un tipo decente. Bello lì, guardati ora! Non ti si riconosce e puzzi di schifo! Emani odore di viscido!
Platano, ma ci stai zitto?! La smetti di vessarlo?! Rialzati su!
Ti dico questa, luce! Senti la storiella bella che ti dico io! Tu che ti scaldi tanto per quest’uomo e ti sbatti per illuminarlo, cara sopravvalutata elettricità! Ieri, poco prima del buio, quando ancora non eri accesa, sono passati due ventenni, due fratelli! Proprio dove sta steso ‘sto cesso d’uomo! Discutevano di cani, ovviamente, bische, roba che gestiscono loro! I cani che si mordono! Bau bau! Han fatto un incontro qui, in un prato vicino, ho sentito la vibrazione dei guaiti da cinquecento metri tanto se le davano quelle bestie! Vabbe’, non contenti, i due fratelli che gestiscono il tutto, si sono menati! Proprio qui! Proprio come cani! Bau bau anche loro! Dopo che si son chioccati, l’altro ha urlato, era pieno di sangue ti dico! Gli ha urlato all’altro! Se non ci sono più nel giro, sono finito! Una cosa simile! Gli ha detto che si ridurrà a rubare qualsiasi roba pur di sopravvivere, che non ce la fa a campare! E l’altro? Se ne è sbattuto! Ho sentito le sue parole sulle foglie! ‘Chi se ne frega! Ruba! Fai quel che vuoi!’
Il nostro pittore è steso per terra e non si muove più! Spero non si sia addormentato! Non capisco dove vuoi arrivare e preferirei te ne stessi zitto, finché questo non si rialza. Eppure la schiena si muove, sta respirando, ma perché non ti rialzi?! Ora sfarfallo per davvero! È fermo per terra, non si muove… Però tutte le lampadine di questa strada sono state cambiate un anno fa, come faccio?! Il filamento è perfetto! La tensione è perfetta! Non ce la faccio a sfarfallare! Ma tu?! Non ce l’hai qualcosa da perdere dai rami… No, i platani non perdono pigne!
Mamma mia! Passi il tuo tempo a illuminare la via a questa gente! Ed è già tanto! Questo qua, che ti sta tanto simpatico, perché è l’unico stronzo che ci rivolge due parole e ci abbraccia tutti… Ma lascialo morire! Questo qua, è amico di ‘ste persone! Suo nonno era un tipo a posto. Era uno temprato! Suo nonno ha abbattuto un fior fior di sequoia qui vicino a forza di accettate, da solo! Falegname! Uomo di tempra! Non vale una pila di legna bagnata questo qui! Io ho il vento sulle foglie, è freddo, è febbraio, il buio è cattivo la notte. Onestamente, io mi curo di quello! Illumina ma non stare a svenarti! Lo so che sei un loro prodotto, cara elettricità, ma chi se ne frega di loro, sono vermetti a cui sono cresciute gambe e braccia gran parte delle volte!
Dai, rialzati! Su! Eccoti di nuovo! Su! Ti sto illuminando, ce la puoi fare! Confido in te! Dai! Eccoti lì, ora rimani un po’ impalato a guardarmi… Comunque, non capisco perché lo odi tanto, caro il mio platano spiantato! A me fa simpatia quest’uomo! Pensa come se lo intortano! Prima ne parlavo con il faggio, si è fatto fare una visita dal dottore… Il dottore, un tirchio matricolato! Gli ha chiesto più soldi di quelli che la visita costava, ma tanto!
Mi sta guardando il tronco! Se si avvicina, mi sradico e gli casco addosso.
Sì, ti ha puntato. Non lo so se viene lì o prosegue… Comunque… Ti dicevo, io ho illuminato una conversazione fra il dottore e il taverniere, nella cucina coi cuochi e tutto. Mi proiettavo da una lampadina nuda, bruttissima, mezza spenta. Il dottore è in debito con il taverniere proprio per gli scontri clandestini fra cani! Il taverniere, pensa, si è messo d’accordo con quei due fratelli, che tu pensi siano amici di questo poveraccio, ma, in realtà, gli hanno rovinato la vita! Ora gli incontri li gestisce il taverniere e uno dei due fratelli… Che tra l’altro, uno dei due fratelli diventa pure il genero del taverniere! Presumo quello che gestisce gli incontri… Ma il pittore è fuori da questo mondo! Non merita il tuo disprezzo! Ecco che parte!!!
“Ciaooo! Il platano, amico platano!” Nooo, non ti avvicinare, no! Bestiaccia! No! Che schifo! Vattene via! Via, maledetto te! Pussa via!
“Ho bevuto. Ma lo so che tu mi vuoi bene anche se bevo! Sai, che ieri ho perso un dente perché una donna mi ha dato un pugno perché avevo bevuto?! Io le ho solo detto che aveva un bel culo. Cioè… la madre mi ha dato un pugno!” E io ti schiaccerei proprio se potessi!
“Qui sono tutti… tutti… ma tu sei buono, caro platano!”
Ti dirò, illuminare questa scena mi gratifica. Tu con il tuo tronco insudiciato dalla sua bava. Uno spasso!
Smettila di ridere, lo noto dalla luce sulle foglie che stai ridendo! Sfarfalla più forte che se questa tua risata la vede a occhio nudo il tipo qua, forse si prende paura e si leva di torno!
Ah, rido, impercettibilmente e tu lo noti con le foglie, ma sfarfallare così forte da farmi vedere dal pittore, no, non mi viene. Ed ecco, si è già staccato! Come ti si rilassano le foglie, tutte d’un colpo! Che bel sospiro di sollievo eh?!
Sì, sì, quando creperò per il vento troppo forte, spero di tagliarti la linea a te!
Di’ quel che ti pare, io seguo questo qua! Cammina! Cammina sotto la mia luce! Un altro lampione! Un altro lampione! Un altro lampione. Vai… Vai, piano ma sano e lontano… Cioè, forse lontano… Perché sano! Ecco che ti fermi di nuovo! Pino, non fare il bastian contrario come tuo solito! Saluta il pittore che ti è passato a salutare, che oggi la vedo particolarmente nera, mica gli riesce così facile arrivare a casa.
E lasciatemi in pace… Ora abbraccia anche me?! Ma perché si deve sfogare con gli alberi questo qui e non con i lampioni! Ti tiro l’ultima pigna che mi rimane fra i rami se ti avvicini, levati di qui, cavati dalle palle!
Tutti cattivi con il pittore. Poverello su! Che vi ha fatto?!… Aspetta un secondo!
Che c’è, luce?! Che hai?! Calo di tensione?! Guardalo, guardalo come si avvicina a me. Nooo, ora mi si appiccica per due ore addosso.
“Tu sei il pino più bello di sempre. Io dipingo solo gli alberi e le cose elettriche.”
Credo che stiano facendo qualcosa alla linea! Perché sento… Sento che… Oh no! Oh merda…
E che è successo? Perché ‘oh merda…’! E guardalo! Guardalo, ti dico! Mi si è avvinghiato addosso questo qui!
Mi sono spenta. Mi sono spenta su tutto il vialetto! La strada qui! Guarda! Guarda pino! Mi sono spenta su tutta la strada di casa del pittore! Questi duecento metri, quindici lampioncini, con l’armatura quadrata, luce soffusa, tutti spenti!
“Io adoro i pini!” Io sono vecchio ragazza mia, non me ne frega niente! Sono più vecchio di te! Non c’erano ancora i lampioni quando sono nato io! Ora gliela stacco in testa la pigna verde!
Come ci ritorna a casa questo? Duecentonove metri al buio, prima del cancello. Buio totale. Completo. Non ci passerà mai! Mai! Cavoli, mi stanno rubando il rame, te lo dico io! Non sento più i filamenti! A seicento metri da qui! La strada è tutta buia! Come fa a non rendersene conto! Cavoli la strada ce l’ha davanti, gli si è spenta di fronte agli occhi!
Sì, ma te lo dico, non lo vedi perché ha la faccia rivolta lontano da te, verso la strada sì, ma ha gli occhi chiusi mentre mi sta abbracciato, avvinghiato, peggio di un picchio sei! Io, però, ora, ti faccio cadere questa cazzo di pigna in testa! Staccati!
Non se ne è proprio reso conto… Forse è talmente ubriaco che neanche lo vede e ci arriva a casa!
“Io… Ora, torno a casa e faccio un bozzetto! Di te! E io mi godo l’abbraccio. Perché io… non riesco a dire di no agli abbracci. Ma i culi delle donne giovani sono poco disponibili… Bel pino… Sai che sono stato picchiato? Era un culo molto giovane!” Questa fetida palla di grasso non sa che, ieri, io la scena, l’ho percepita con i miei aghi, con la corteccia! In pieno giorno! La mamma giustamente gli ha tirato un pugno nel muso! Niente po’ po’ di meno che la moglie del taverniere! Parlavano di cani, lei e la figlia! La figlia portava a spasso un cucciolo di quei quadrupedi… Mi ha pisciato addosso un bel rigagnolo di ammoniaca. Bella roba! Quella stupida ragazzina, avrà sedici anni si comporta come se ne avesse dieci! Trascinava quella bestia a destra e a manca, puzzava di paura quel cucciolo! E lei che gli tirava calci!… Tanto sono bestie da combattimento, bisogna abituarli così, le ha detto il suo ragazzo l’altro ieri, sempre qui, sul ponte! Macché, mi ascolti?! Ti vedo un po’ persa, tenue!
Mi sono spenta in tutta questa strada. Mi sto chiedendo come farà a passare per la via. O l’attraversa o non so come ci arriva a casa. È un malato, lui, non lo dico, lo dice il dottore. Ha problemi da tutte le parti, ubriaco e col freddo, ci muore qua fuori… E lui odia il buio. Lo odia. Nooo, devo riaccendermi! Devo!
“Che è successo? E la luce?!” Ecco fatto! Se ne è reso conto!
“Ma voi lampioni siete tutti dei pazzi maledetti!” Nooo, calmati! Puoi farcela!
“Io non ci passo di qui!” Puoi farcela, affronta il buio, che io provo a compensare con qualche altra linea.
Questo mi sa che non ti ascolta! Sta indietreggiando, come minimo finisce dall’altra parte del fiume, ti finisce a dormire su una panchina in paese! O alla stazione, a dormire con i cani da combattimento, nel capannone dove li tengono a guaire. Io li sento! Li sentirà anche lui! Sa dove sono, tutto lo sanno!
Pino, taci e fai qualcosa.
“Io ho sempre creduto che la luce mi volesse bene, ma… Ma io come ci ritorno a casa ora?!”
E cosa faccio?! Io sono vecchio! E questo corre! Guarda come corre, che matto! Va per il ponte, eccolo là! Ma poi anche se gli lanciassi la pigna, come farebbe a capire di tornare poi?! Poi non sono riuscito a staccarla prima che volevo piantargliela in testa, figurati ora! No, non mi stava simpatico quel suo nonno taglialegna. Gli servirebbe suo nonno… Suo nonno ci lavorava con i cavi, aggiustava le cose elettriche, un tuttofare, un…
Ma dove diavolo va?! Dove diavolo vai?! Torna indietro! Maledetto te, pittore pazzo! Torna a casa, lì hai la stufa, lì ti scaldi! Passa per quella strada, torna indietro!
“Matti! Staccare ora la luce! Io dovevo tornare a casa! Freddo! A casa! C’è freddo! Mio nonno vi avrebbe messo in riga! Vi avrebbe riacceso a suon di schiaffi! Pazzi, che scherzi mi fate!” Tu ti devi mettere in riga, ritorna sul ponte! No! L’altra direzione! Cosa giri l’angolo!
“Voi sareste stati da mettere in riga, come sono stato messo in riga io! Spegnervi! Vi siete spenti!” Qui c’è il centro del paese! Ritorna là, vincilo quel buio! Guardami, guardami! Sono questo lampione qui, guarda come sfarfallo! Ascoltami!
“Sai che c’è?! Che mi è venuta voglia di pisciare!… Ora piscio!” Fa quello che vuoi, ma ritorna sul ponte, e poi imbocca quella strada dove mi sono spenta! Torna là!
“Ecco, piscio sul cancello di questa questa villa di…” Mi senti?! Sfarfallo per te.
“Io sento. Io sento tutto. Io sento… sento che ho proprio voglia di pisciare qui… Ho un bagno a casa, ma la strada… Vi siete spenti voi, pazzi maledetti, dei lampioni! Il buio! Il buio… E questa villa… Ma questa è la villa di quel tirchio del dottore!” Sì, è questa la villa! Lascia stare, vattene, che se ti vede, ti picchia!
“Siete voi che vi siete spenti sulla mia via, coi lampioni vecchi, carini… Sembrano piccoli, affusolati! Dov’è che ha lo studio di questo schifoso del dottore?! Ti ho proprio pisciato sul cancello per bene! Sì, è là, nella strada dopo i binari!” No, ma tu non devi andare là!
“Oh, sfarfalla quel che vuoi! Io ci vado e gli spacco la cosa della lastra!” Ritorna sul ponte e poi dopo il pino!
“Oh, bel lampione, come parli bene! Così retto, così giusto! Siete voi i pazzi a pensare che io passi per il buio! Eccola, quella è la piazza principale!” Dall’altra parte idiota!
“No, lampione! No! Io vado là! Io passo per la piazza!” Dall’altra parte idiota!
“Oh urlate tutti in coro lampioni di questa bellissima piazza, ciao! Io volevo il mio letto, voi mi avete dato il buio! Io, il buio, no!” Ci sono le stelle, ci vedi, se vuoi, idiota! Io ci sto provando a riattivarmi intanto! Solo questione di poco… Sto arrivando a compensare con un’altra linea, aspetta! Ci sono le stelle, c’è la luna poi, non è così buio!
“Passaci tu, lampioncino, per il buio! Il buio! Da quella volta il buio… Da quella volta…” Non uscire dalla piazza almeno, ci sono sempre meno lampioni in quella via, non andare verso la stazione! Torna qui!
“Non sono mai più stato al buio da quella volta… sulla base tagliata di quella quercia che aveva abbattuto, lui, mio nonno… Un buio cattivo… Il buio è cattivo! No, dottore, io non sono un malato!” Fermati qui, sotto questa luce! C’è sempre più buio di là! Alla stazione c’è solo una luce, non mi potrai più sentire… Non ha senso… Cosa stai facendo?!
“Mio nonno era elettricista e falegname e diceva che non c’era niente di più affidabile dell’elettricità. E invece anche i lampioni sono tutti dei pazzi maledetti! Lui diceva che ero malato!… Ma voi siete dei pazzi schifosi, maledetti, anche voi lampioni, mi volete far passare per il buio!” Almeno non corri più, fermati qui! Non entrare nella stazione! Fermati!
“Ero magro una volta! Correvo dietro ai cani! Poi quella volta al buio… Oh, me la ricordo quella volta! Era un germoglio! Era una piccola piantina! Su quella quercia tagliata! Quando mi ha visto, un odore… aveva paura… Ho avuto così tanto schifo del mio odore! Puzzavo di schifo! Me ne sono andato via prima… Volevo solo raccoglierla! Da vecchio mi tirava un pezzo di pino addosso quando mi vedeva guardare i culi nello studio! I culi! Un pezzo duro come una pigna!” Eccoti qui! Non oltrepassare i binari! Fermati lì! Stai fermo! Bravo. Rifletti, mi guardi? Sì, sono la luce, guardami!
“Che bel faro… Io da quel giorno, ma più senza la luce… Mai più… Quei due ragazzi mi hanno ricattato! Mi avevano visto! Erano lì a rubacchiare, si erano portati quella piantina con loro… Una piantina che aveva insisto per venire con loro! Mi ha fatto male il pugno di ieri… Ho ceduto, anche quella mi sembrava un’innocua piantina! Con quelle radici, lunghe, bianche, morbide su cui camminava!” Ritorna a casa. Passa quel ponte, passa quel pino, affronta la strada.
“No! Mi hanno detto quei due ragazzi: ‘tu, ora, i cani, li porti da noi!… Noi ti abbiamo visto! Non hai fatto niente, ma noi abbiamo capito lo stesso!’ A loro servo vivo, loro hanno bisogno del mio brevetto da accalappia cani… Ma sono diventato grasso! Guardatemi, faretti! Mio nonno vi aggiustava! Guardatemi! Io sono contento che quei due fratelli, ieri, abbiano litigato per colpa mia. Il fidanzato aveva chiesto a suo fratello di tenermi sempre d’occhio e l’altro non lo ha fatto… Cari faretti, mi guardate?!” Ti guardo, torna là, in quella casa! Torna là!
“Mi guardate. Sono diventato così. Ed ero magro! Loro mi hanno spinto a stare sempre più fermo, colpa loro! Hanno iniziato a mangiare coi miei soldi! Mi hanno lasciato solo quelli per ingozzarmi, bere, dipingere… E loro prendono i cani per me… Per dipingere serve la luce! La luce delle lampadine… Oh! Eccoli là i cani!” La la mia luce non arriva… Non ti capisco, là c’è buio, perché vai là?!
“Perché… Li vedo! Là ci sono i cani! Mi ha fatto male il pugno di ieri! Ecco dove li tengono! Che bestie! Sono forti, loro non sono malate! Sono addormentate queste bestie! Mi piaceva accarezzarle, quando le prendevo! Alcuni erano buone… Poche!”
Chi sei?
“Oh, una bellissima betulla! Ora a volte, faccio dei complimenti, fischio loro dietro e rido! Alle betulle! E mi piace! Certe volte mi sento libero, dai fari di mio nonno, dai suoi occhi luminosi come lampadine che mi giudicano! Mi sento libero! La luce mi fa male in realtà. Io berrei sempre al buio… Voglio soltanto vincere senza correre, ho corso troppo, dietro ai cani! Mio nonno mi ha insegnato a correre! A me piace dipingere lampadine e alberi… Perché a me… Perché gli alberi sono innocui e le lampadine le spengo e le accendo. E io le disegno… Le disegno come voglio! Hanno sempre corpi di bambine! Sono mie… Almeno lì. Mie come non hanno mai potuto esserlo, come non voleva mio nonno.”
Mi tocchi i rami?
“Sono belli i tuoi rami, bella betulla!”
La luce ti ha tradito, lo sai?
“Sì, lo so.”
La luce è pazza, vuole farti passare per il buio!
“Sì, è vero!”
Vuoi sapere dove tengono le chiavi della gabbia dei cani? È a poco da qui. Dentro quella cassetta rossa, dietro quel muro, al buio…
“Le prendo? Così potrò accarezzare ancora queste splendide, cattive, creature.”
Vai, io ti aspetto qui! Non posso muovermi. Non posso muovermi…