COMUNICATO STAMPA
“Con un gara di vendita andata di nuovo deserta, con la volontà non troppo velata di voler proporre una nuova procedura che spacchetti il gruppo, frantumandolo e rendendolo molto più debole anche dal punto di vista sociale, è evidente che su Sanac è arrivato il momento di cambiare strategia e il cambio di passo deve arrivare dallo Stato.
Al di là delle procedure di vendita, che per noi devono comunque tutelare l’intero battente occupazionale, il nodo principale da sciogliere resta la mancanza di dialogo e rapporti commerciali ormai da oltre un anno fra Acciaierie d’Italia e Sanac.
Il blocco degli ordini, il continuo conflitto giudiziario a colpi di decreti ingiuntivi sui crediti pregressi, è la prova provata che gli attori attualmente in campo non sono nelle condizioni di poter portare avanti un dialogo e soprattutto di ricostruire quelle relazioni che avevano caratterizzato la prima fase del commissariamento. Fase dove Sanac non solo era considerato un fornitore indiscusso, ma addirittura privilegiato, basti ricordare quanto fu fatto per garantire la continuità lavorativa di Sanac in periodi di pandemia, come fornitore esclusivo di refrattari per il polo siderurgico di Taranto.
Ora se per lo Stato è complesso intervenire all’interno della Governance di acciaierie d’Italia, dato che è una compagine mista con Arcelor Mittal, dove lo stato al momento è socio di minoranza, allora proviamo a cambiare obiettivo: rivediamo il ruolo dei commissari di Sanac e la loro compagine, dando precise indicazioni finalizzate alla ripartenza di un dialogo fra le parti, che abbia come risultato immediato la ripartenza degli ordini e la ripresa produttiva degli stabilimenti del Gruppo Sanac”.
A lanciare la proposta al Governo sono i segretari della Uil area nord Toscana, Franco Borghini, e della Uiltec Toscana Nord, Massimo Graziani, alla luce di quelle che sono le evidenze di una vertenza che si trascina da anni senza soluzione.
“Bisogna rompere questo dualismo che fa soltanto il male di Sanac, dei suoi quattro stabilimenti, e degli oltre 300 lavoratori oltre che dell’intera filiera italiana dell’acciaio – proseguono Borghini e Graziani -. Occorre che lo stato agisca per trovare soluzioni e non limitandosi a licenziare decreti come il recente decreto legge Salva Ilva che di fatto consegna a Taranto quasi 700 milioni di euro con poche garanzie per Sanac”.
Se su Taranto la situazione è congelata, anche a causa dei rapporti con il socio privato, allora bisogna agire su un altro fronte per cambiare passo e vedere se si riesce a ottenere nuovi risultati.
“Lo Stato agisca la dove ha poteri e autorità, entri nel merito delle scelte anche perché quelle fino ad oggi prese si sono dimostrate tutte fallimentari e ora addirittura si prospetta uno spacchettamento dei 4 stabilimenti con ripercussioni inimmaginabili sul gruppo e i lavoratori. Ci resta forse un anno prima della chiusura degli impianti. Con una nuova strategia – concludono Borghini e Graziani – potremmo ottenere magari una riapertura dei rapporti con Acciaierie, una ripresa degli ordini e un nuovo futuro per Sanac nella filiera italiana dell’acciaio”.