Il 21 marzo è uscito per i tipi I Fari della casa editrice La Nave di Teseo il libro, tra saggio e memoir, scritto alla luce dell’amore per la Settima Arte di uno dei più grandi registi (e cinefili) d’oggi
Penso sia condivisa e accettata l’idea che Quentin Tarantino sia uno dei più grandi registi degli ultimi trent’anni. Piaccia o non piaccia, Tarantino è stato capace di imporsi come un regista in grado di far palpitare il feticismo per la Settima Arte da qualsiasi inquadratura di qualunque sua pellicola, spesso innervandole di riferimenti e analogie. Dal 2021 il regista americano ha fatto il suo ingresso anche nel romanzo grazie alla pubblicazione, curata in Italia dalla casa editrice La Nave di Teseo, di C’era una volta ad Hollywood (Once upon a time in Hollywood, 2021) tratto dal suo ultimo film con protagonisti Leonardo di Caprio, Brad Pitt e Margot Robbie.

Dal 21 marzo Tarantino è di nuovo in tutte le librerie d’Italia, poco dopo aver annunciato di star iniziando a lavorare a The Movie Critic, a detta del regista il suo ultimo film. E con la critica cinematografica ha a che fare anche Cinema Speculation (La Nave di Teseo, 2023, 20,00 euro), un volume di più di 400 pagine dedicato alla passione trascinante, genuina e ossessiva per il cinema che accompagna da sempre la vita e le imprese del regista.
Rintracciare il momento esatto e le modalità attraverso le quali il nostro si sia legato per sempre alla Settima Arte è impresa ostica e sfuggente. Negli anni Settanta, quando la famiglia si trasferisce a El Segundo (Los Angeles), è attestata la prima cotta del giovane Quentin per gli spaghetti – western di Sergio Leone. Più tardi, nel 1985-86, inizierà il suo lavoro per Video Archives, negozio di film a noleggio. Sebbene molti abbiano letto questa esperienza come l’avvio all’apprendistato cinefilo del regista, in realtà è stato lo stesso Tarantino a smentirne la mitologia affermando: “Non sono diventato un cinefilo perché lavoravo lì. È il contrario: mi hanno preso perché ero molto appassionato di cinema e sapevo tutto sull’argomento”.

Seguono poi le prime sperimentazioni in 16 millimetri, le prime sceneggiature e poi, finalmente, negli anni Novanta Le Iene (Reservoir dogs, 1991) esce al cinema imponendo Tarantino agli occhi di critica e pubblico. I grandi successi con Pulp Fiction (1994), Kill Bill vol. 1 (2003) e Bastardi senza gloria (Inglourious basterds, 2009) hanno ancora da venire, ma già il primo lungometraggio matura uno stile che è già cult e che sarà poi solo e solamente tipico della “cifra Tarantino”.
I riferimenti al cinema anni Settanta, ai B- movie, al cinema dei Drive-In, al fumetto, alle riviste hardcore, alla New Hollywood, sono già palesi fin da rapporti dei suoi primi lungometraggi con i pulp movies, il cinema di genere tra cui i jidai-geki, gli slasher, i film sulle arti marziali e il western e vanno a comporre una riserva di risorse e descrizioni delle quali il regista si serve per costruire le impalcature ironiche e sfacciate delle sue sceneggiature, infarcendo le sue inquadrature e andando ad incorniciare le situazioni e gli eventi mutuati dai film che il regista ha maggiormente apprezzato durante la sua giovinezza. Si arriva così a fare del metacinema, senza però alcuna pretesa intellettualistica ma anzi ridando vigore alla macchina industriale hollywoodiana spesso costruendo scene ad effetto, iper – violente e al limite dello splatter (si pensi al dittico Kill Bill o anche Grindhouse – A prova di morte, 2007) oppure giungendo alla citazione sfacciata (come nel caso dell’apertura assolutamente corbucciana di The Hateful Eight, 2015).
È questo il cinema al quale Tarantino dà spazio in Cinema Speculation; il cinema che ha visto, che lo ha formato e poi ha rielaborato durante la sua carriera, quel cinema spesso proibito ai suoi coetanei ma tollerato dalla madre che gli dirà “Quentin, mi preoccupo di più se guardi i telegiornali. Un film non può farti male”. Le pagine scorrono così tra il saggistico e la recensione, tra il memoir e il diario di lavoro, l’autobiografico e il programmatico, forse strenuo tentativo per dare ordine e mettere a sistema quella “mente – cinema” che caratterizza da sempre il metodo di lavoro del regista, costruendo infine una “storia del cinema” tutta personale e vissuta.

E i cinefili (quelli veri, non coloro che guardano per la prima volta Adele H. Una storia d’amore di Francois Truffaut e credono di aver sbancato nuove prospettive della cinefilia mondiale) non potranno fare a meno di condividere molti dei punti di vista dell’autore che definisce Il Mucchio Selvaggio (S. Packinpah, 1969) “meraviglioso e commovente”, che ritiene che Ispettore Callaghan: Il caso Scorpio è tuo! (D. Siegel, 1971) sia in grado di “mangiarsi in un sol boccone” tutti gli altri film degli anni Settanta, che Lo Squalo (S. Spielberg, 1975) sia “il più grande film di tutti i tempi” perché Steven Spielberg è “uno dei registi con maggior talento di tutti i tempi”, che si sconvolge per Bambi (D. Hand, 1942) affermando che fosse tra le cose più scioccanti che avesse visto al cinema, che impazzisce d’amore per Taxi Driver (M. Scorsese, 1976) e Il Giustiziere della Notte (M. Winner, 1974).


Immergetevi tra le pagine di Cinema Speculation, sia che siate cinefili o meno, che amiate Tarantino oppure che lo odiate, il libro sarà comunque una gioia per la mente e l’intelletto e sarà capace a trascinarvi nelle storie delle storia del cinema (rigorosamente secondo Tarantino).