Il dollaro americano (USD) ha continuato a salire martedì, sfiorando i massimi di sei mesi, mentre i trader continuavano a valutare la prossima mossa della Federal Reserve (Fed) dopo la riunione della scorsa settimana. Le crescenti aspettative che il comitato possa rimanere in sospeso a dicembre stanno mantenendo forte il dollaro USA. Nel frattempo, Washington rimane impantanata in uno stallo, senza alcun segno di un accordo per porre fine allo shutdown in corso da parte del governo.

Questo è quello che potrete vedere mercoledì 5 novembre:

L’indice del dollaro statunitense (DXY) è salito per il quinto giorno consecutivo, sfidando i massimi pluriennali e superando infine la barriera psicologica di 100,00. Le consuete richieste settimanali di mutuo MBA sono previste prima dell’ADP Employment Change, del PMI finale dei servizi globali di S&P, del PMI dei servizi ISM e del rapporto settimanale dell’EIA sulle scorte di petrolio greggio degli Stati Uniti.

L’EUR/USD ha continuato a indebolirsi e ha rotto chiaramente il supporto di 1,1500 per la prima volta dall’inizio di agosto. Verranno pubblicati gli ordini industriali tedeschi, supportati dal PMI finale dei servizi HCOB in Germania ed Eurolandia, così come i prezzi alla produzione in tutto il blocco.

La pressione di vendita sulla sterlina britannica non si è attenuata, spingendo la coppia GBP/USD a nuovi minimi plurimestrali nell’intervallo compreso tra 1,3020 e 1,3010. Il prossimo passo oltre il canale sarà l’ultimo PMI S&P Global Services.

L’USD/JPY è stato scambiato sulla difensiva, rinunciando ai guadagni di lunedì e scendendo al minimo di tre giorni vicino a 153,30 in un contesto di continua avversione al rischio. Un rapporto interessante in Giappone includerà gli utili medi in contanti, seguito dall’indice Reuters Tankan e dall’indice finale S&P Global Services PMI.

L’AUD/USD è sceso ai minimi di più giorni ed è sceso sotto il supporto di 0,6500 a causa della mano ferma della RBA e del forte dollaro statunitense.

Il WTI ha mantenuto le sue operazioni all’interno del range recente, oscillando intorno al livello di 60,00 dollari al barile, in mezzo a discrete perdite in risposta ai timori di un eccesso di offerta e al rafforzamento del dollaro USA.

I prezzi dell’oro sono crollati bruscamente, tornando nella zona dei 3.930 dollari per oncia troy sulla scia del rafforzamento del dollaro USA e della riduzione delle scommesse su un taglio del tasso della Fed a dicembre. I prezzi dell’argento hanno seguito l’esempio, scendendo per il terzo giorno consecutivo e scendendo sotto i 47,00 dollari l’oncia.

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