La guerra in Ucraina sembra lontana da una soluzione, ma nelle ultime settimane da Mosca sono filtrate nuove indiscrezioni su quelle che sarebbero le condizioni di Vladimir Putin per arrivare a un cessate il fuoco. Alcune richieste sono legate al territorio, altre vanno ben oltre i confini e rivelano gli obiettivi strategici reali del Cremlino.
Donbass e nuove frontiere: la prima condizione
Putin ha ribadito che la Russia non intende “andare oltre le quattro regioni” già annesse nel referendum del settembre 2022. Tradotto: Mosca pretende che Kiev riconosca la perdita di Lugansk e Donetsk, anche nelle zone non ancora totalmente occupate dall’esercito russo.
A questo si aggiunge il riconoscimento delle attuali linee di confine nei territori di Zaporizhzhia e Kherson. In cambio, il Cremlino prometterebbe di non avanzare ulteriormente.
Lingua, religione e sanzioni: richieste non territoriali
Le condizioni russe non si fermano alla geografia:
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Lingua: riconoscimento del russo come lingua ufficiale in Ucraina.
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Religione: libertà di culto per la Chiesa ortodossa russa.
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Crimea: riconoscimento formale dell’annessione del 2014.
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Sanzioni: revoca delle misure economiche imposte da UE, USA e altri Paesi.
In sostanza, Putin vuole legittimare le conquiste territoriali e allo stesso tempo recuperare piena libertà internazionale, senza ulteriori penalizzazioni.
Demilitarizzazione e neutralità dell’Ucraina
Un altro punto chiave riguarda la demilitarizzazione: Mosca chiede di stabilire limiti precisi sulle armi che Kiev potrà detenere, con il divieto assoluto di presenza di truppe europee sul territorio.
Il Cremlino insiste inoltre per una Ucraina neutrale, non integrata nella NATO ma eventualmente protetta da garanzie di sicurezza simili all’Articolo 5 dell’Alleanza. Tali garanzie dovrebbero essere garantite non solo dall’Occidente, ma anche da Paesi come Cina e altre potenze “amiche”.
L’ostacolo più grande: Zelensky e il “regime change”
Dietro le proposte diplomatiche resta una questione politica mai risolta: Volodymyr Zelensky è visto da Putin come il nemico principale, l’uomo che ha sfidato apertamente il Cremlino.
Non è un mistero che Mosca punti a un cambio di leadership a Kiev. Ufficialmente non compare tra le condizioni, ma senza una modifica degli equilibri politici interni, difficilmente il Cremlino accetterà un compromesso stabile.
L’ICC e la libertà di movimento di Putin
Secondo fonti interne riportate da canali Telegram vicini al Cremlino, Putin avrebbe posto anche un’ulteriore richiesta: la rimozione dei mandati di arresto emessi dalla Corte Penale Internazionale.
Un ostacolo che oggi gli impedisce di viaggiare anche in Paesi “amici” come Sudafrica o Brasile. Il leader russo lo considera un vincolo intollerabile da eliminare in cambio di qualsiasi trattativa.
Neutralità, confini e fiducia: la sfida del futuro
Le condizioni elencate non sono nuove: la “denazificazione” resta vaga, la neutralità ucraina è un obiettivo dichiarato da tempo, mentre la demilitarizzazione resta tutta da definire.
Il problema centrale resta la fiducia: dopo l’invasione del 24 febbraio 2022, credere alle promesse del Cremlino senza garanzie costituzionali appare difficile, quasi un “atto di fede”.
Conclusione
Le vere condizioni di Putin per fermare la guerra in Ucraina vanno oltre la cessione di territori. Parlano di riconoscimento internazionale, fine delle sanzioni, neutralità strategica e cambiamenti politici interni a Kiev.
Più che un semplice cessate il fuoco, il Cremlino sembra puntare a una nuova architettura geopolitica, in cui la Russia possa tornare a muoversi liberamente sulla scena mondiale senza pagare il prezzo della sua invasione.















